martedì 4 dicembre 2012

paolo e francesca


Paolo e Francesca

Inferno, Canto V, w. 82-142
Luogo:secondo cerchio
Personaggi: Dante, Virgilio, Paolo e Francesca.
Peccatori e pena: lussuriosi; in vita si sono lasciati travolgere dalla passione amorosa e ora, secondo la legge del contrappasso, sono travolti da una bufera incessante

Giunti nel secondo cerchio dell'Inferno, Dante e Virgilio si imbattono nelle anime dei lussuriosi, in balia di una bufera che li trascina e li travolge senza tregua. Due ombre attirano l'attenzione di Dante, perché a differenza di tutte le altre procedono l'una accanto all'altra: si tratta di Francesca da Rimini, donna sensibile, colta e raffinata, e di suo cognato Paolo Malatesta. Sono i protagonisti di una tragica passione. Il poeta rivolge loro la parola ma soltanto Francesca risponde, raccontando la storia che li ha condannati a quella terribile pena, mentre Paolo rimane in silenzio accanto a lei e piange. Francesca era figlia di Guido da Polenta, signore di Ravenna, ed era stata data in sposa al signore di Rimini, Gianciotto Malatesta, per motivi politici. Nella sua nuova dimora si innamorò di Paolo, fratello più giovane e attraente del deforme e zoppo Gianciotto; quest'ultimo sorprese però i due amanti e li uccise entrambi.



Quali colombe dal disio1 chiamate
con l'ali alzate e ferme al dolce nido
vegnon per l'aere, dal voler portate;

cotali2 uscir3 de la schiera ov' è Dido4,
a noi venendo per l'aere maligno,
sì forte fu l'affettuoso grido5.

«O animal grazioso e benigno
che visitando vai per l'aere perso 6
noi che tignemmo il mondo di sanguigno7,

se fosse amico il re de l'universo,
noi pregheremmo lui della tua8 pace,
poi c'hai pietà del nostro mal perverso.

Di quel che udire e che parlar vi piace,
noi udiremo e parleremo a voi,
mentre che 'l vento, come fa, ci tace9.

Siede10 la terra dove nata fui11
su la marina dove 'l Po discende
per aver pace co' seguaci sui12.

Amor, ch'al cor gentil ratto13 s'apprende, 
prese costui14 de la bella persona
che mi fu tolta; e 'l modo15 ancor   m'offende16    
                                            
Amor, ch'a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer17 si forte,
che, come vedi, ancor non m'abbandona.

Amor condusse noi ad una morte:
Caina18 attende chi a vita ci spense».
Queste parole da lor ci fuor porte19.

Quand' io intesi quell'anime offense20,
china' il viso e tanto il tenni basso,
fin che 'l poeta21 mi disse: «Che pense22?».


Quando rispuosi, cominciai: «Oh lasso,
quanti dolci pensier, quanto disio23
menò costoro al doloroso passo!».

Poi mi rivolsi a loro e parla' io,
e cominciai: «Francesca, i tuoi martiri
a lagrimar mi fanno tristo e pio.

Ma dimmi: al tempo d'i dolci sospiri,
a che24 e come25 concedette amore
che conosceste i dubbiosi disiri26?».

E quella a me: «Nessun maggior dolore
che ricordarsi del tempo felice
nella miseria; e ciò sa 'l tuo dottore27.

Ma s'a conoscer la prima radice28
del nostro amor tu hai cotanto affetto29,
dirò come colui che piange e dice.

Noi leggiavamo un giorno per diletto
di Lancialotto30 come amor lo strinse:
soli eravamo e sanza alcun sospetto31.

Per più fiate32 li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;
ma solo un punto33 fu quel che ci vinse.

Quando leggemmo il disiato riso
esser basciato da cotanto amante,
questi34, che mai da me non fia diviso35,

la bocca mi basciò tutto tremante. 
Galeotto36 fu 'l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo  avante37»

Mentre che l'uno spirto questo disse,
l'altro piangea, si che di pietade
io venni men38 così com' io morisse;

e caddi come corpo morto cade

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