sabato 26 settembre 2015

ANTOLOGIA PER IL 28

LA NARRATIVA FANTASY
 La storia del genere
La parola inglese fantasy significa semplicemente "fantasia" ma, se riferita a un genere narrativo, di­venta intraducibile in italiano, e indica storie di magia, ambientate generalmente in periodo me­dievale, però un Medioevo fantastico, oppure in un futuro lontano in cui l'umanità ricomincia a vi­vere dopo eventi catastrofici. Si potrebbe definire il fantasy come un'epica moderna che riprende al­cuni temi dai poemi cavallereschi, dalla mitologia scandinava e dai racconti di viaggio e di avventura. Elementi fantastici erano del resto già presenti nei poemi dell'antichità come, per esempio, nell'Odissea di Omero e nell'epica medievale, dal poema anglosassone Beowulf alle storie di re Artù e dei cavalieri della Tavola Rotonda. Fra le prime opere moderne di contenuto fanta­stico possiamo citare il romanzo Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll (1832-1898) e Il meraviglioso mago di Oz di Lyman Frank Baum (1856-1919), in cui gli autori affrontano il tema del viaggio fantastico in un'altra dimensione, il paese delle meraviglie nel caso di Alice e il regno di Oz nel caso di Dorothy.


LE GRANDI SAGHE
La narrativa fantasy, nata come genere di consu­mo, ha acquistato una sua dignità letteraria grazie a John Ronald Reuel Tolkien (1892-1973), autore del famosissimo II signore degli anelli. Nel podero­so romanzo, pubblicato nel 1954-1955, si narrano le avventure di Frodo, un giovane hobbit incarica­to dal saggio mago Gandalf di distruggere l'Anello del Potere per evitare che se ne impadronisca Sauron, l'Oscuro Signore, che imporrebbe sul mondo il dominio del Male. Lo scrittore ci introdu­ce in un universo di pura invenzione, la Terra di Mezzo, che descrive però con grande precisione, nei dettagli, con la sua geografia, con la sua storia, la sua mitologia, il suo alfabeto, la sua lingua. Anche un grande amico di Tolkien, Clive Staples Lewis (1898-1963), scrisse un ciclo di romanzi per ragazzi di grande successo, Le cronache di Narnia, in cui si racconta la storia di quattro fra­telli che, giunti nel mondo parallelo di Narnia at­traverso un passaggio segreto in fondo a un ar­madio, intrecciano le loro avventure a quelle di streghe, fauni e animali parlanti, trovandosi a combattere contro le terribili forze del Male, fin­ché, quando ogni speranza sembra perduta, ac­corre a salvarli il magico leone Arslan.

LA STORIA RECENTE
Autore di racconti fantasy apprezzato sia dai giovani sia dagli adulti, è il tedesco Michael Ende (1929-1995) che, nel romanzo La storia in­finita, affronta il tema dell'innocenza che vince le forze del Male raccontando la storia di un ra­gazzino impacciato e insicuro che, entrato in un libro magico, si trova nel fantastico territorio di Fantasia a combattere contro il Nulla, che sta di­vorando il mondo.
In questo genere di narrativa si sono cimentati va­ri scrittori, tra cui lo statunitense Terry Brooks (n. 1944), autore del Ciclo di Shannara, in cui sono presenti numerose analogie con Il signore degli anelli.
Più recentemente, l'americana Ursula Kroeber Le Guin (n. 1929) ha scritto una trilogia dedicata al mondo incantato di Terramare (o Earthsea), fatto di arcipelaghi  e  di  acque  sconfinate,  che ha  per protagonista Ged, un giovane
apprendista mago, in perenne lotta contro il Male. Il fantasy è divenuto un fenomeno di largo consu­mo con la scrittrice inglese Joanne Kathleen Rowling (n. 1965), la creatrice della saga di Har­ry Potter, il ragazzino orfano allevato dagli zìi, che scopre di avere ereditato straordinari poteri dai genitori maghi e li usa per sconfiggere il Si­gnore Oscuro, il perfido Voldemort.



Le caratteristiche del genere

La narrativa fantasy ha come motivo conduttore la missione che l'eroe deve compiere, combat­tendo le forze distruttrici del Male, in una rap­presentazione di fatti, ambienti e personaggi non realistici; in genere presenta alcune carat­teristiche costanti.

IL TEMPO E L'AMBIENTE
Le vicende si svolgono generalmente in un remo­to passato o in un lontano futuro, e sono am­bientate in universi paralleli, sullo sfondo di pae­saggi affascinanti o minacciosi: spazi immensi, cieli tersi o tempestosi, fitte foreste, infide paludi, oscure caverne, montagne inaccessibili.

I PERSONAGGI
I personaggi sono esseri umani, principi, princi­pesse, guerrieri e stregoni dotati di grandi pote­ri, ma anche personaggi fantastici come elfi, hobbit, draghi, nani, troll, minotauri, goblin, stre­ghe, orchi, demoni.

LA RICERCA
L'eroe intraprende un viaggio per compiere una missione che gli è stata affidata: ricercare una persona o un oggetto, salvare una princi­pessa, difendere il suo popolo... Nel suo cammi­no spesso è accompagnato da aiutanti: saggi che lo guidano con i loro consigli, maghi che lo aiutano con i loro doni fatati, cavalieri valorosi, altri eroi o eroine.

LA LOTTA E LA MAGIA
Per raggiungere il suo scopo, l'eroe deve supe­rare prove e ostacoli e lottare contro malvagi antagonisti che spesso fanno ricorso ad arti malefiche.
Nel mondo parallelo del fantasy esiste tutto un repertorio magico, fatto di filtri, spade invincibi­li, erbe, anelli del potere, talismani, bastoni dagli straordinari poteri, descritti con scrupoloso ed efficace realismo.

I TEMI, LA STRUTTURA, IL LINGUAGGIO
I temi della vita e della morte, della difesa della comunità e della sua distruzione, della pace e della guerra, della giustizia e dell'ingiustizia, dell'onore e del disonore, della gloria, del valore, del potere confluiscono nel tema di fondo della narrativa fantasy: l'eterna lotta tra il Bene e il Male incarnati in personaggi schematici, o del tutto buoni o del tutto cattivi. Nel corso delle ripetute lotte contro le forze del Male, l'eroe mette alla prova se stesso e progre­disce in verità e saggezza. Dal punto di vista della narrazione, il romanzo fantasy segue la medesima struttura del rac­conto fiabesco, con l'eroe che parte per una missione, supera una serie di ostacoli finché non riesce a raggiunge il suo scopo. Per trasportare più facilmente il lettore nel mondo "parallelo" del fantasy, dal punto di vi­sta espressivo gli autori fanno ricorso a descri­zioni particolarmente ricercate.

brano per il 28



giovedì 24 settembre 2015

storia per il 28



CAP. 9 IL RISVEGLIO DELL’EUROPA

1.     Il rinnovamento dell'agricoltura
A partire dall'VIII secolo e fino a tutto il secolo XIII la popolazione europea aumen­tò. Le terre coltivate si espansero: vennero abbattute foreste, bonificati acquitrini e bracci di mare, messi a coltura terreni incolti. I contadini erano aiutati da nuovi strumenti, da nuove macchine e da nuove tecniche agricole, come la rotazione triennale, che aumentavano la produzione. Nelle aziende curtensi la parte padronale si ridusse, in molti casi le corvées furono sostituite con pagamenti in denaro, i con­tratti d'affitto avevano durate minori rispetto all'Alto Medioevo e numerosi contadini lavoravano come salariati.
2.     Lo sviluppo delle città e dei commerci
All'esterno delle mura di antichi centri, castelli e abbazie sorsero i borghi, dove mer­canti e artigiani avevano case, botteghe, magazzini. Molti contadini si trasferirono in città, dove c'era bisogno di manodopera. Le regioni europee con il maggior nume­ro di città erano la Germania settentrionale, le Fiandre e l'Italia. In tutte le città si tenevano mercati. Quelli più grandi e importanti si chiamavano fiere e attiravano mercanti da tutti i Paesi. Le merci viaggiavano via terra o, di preferenza, per mare e per fiume. Nel XIII secolo lo sviluppo dei commerci fu favorito dalla ricomparsa di monete d'oro e dalla nascita dei primi banchi, gli antenati delle nostre banche, dove si depositava denaro e lo si prestava a interesse. I mercanti, gli artigiani e i professionisti crearono delle associazioni, dette arti o corporazioni, che difendeva­no i loro interessi.
3.     Il commercio marittimo e le città marinare italiane
Nel Mediterraneo quattro città marinare, Amalfi, Pisa, Genova e Venezia, cominciaro­no fin dal X secolo a fare del commercio marittimo la loro principale attività econo­mica. Si resero di fatto autonome e vennero governate da famiglie di mercanti. Que­ste città a volte si allearono per combattere un comune nemico (così Genova e Pisa scacciarono i pirati saraceni dal Tirreno), a volte si scontrarono fra loro (Pisa contro Amalfi, Genova contro Pisa, Venezia contro Genova). Venezia ottenne dall'impero bi­zantino condizioni commerciali di privilegio in cambio del suo aiuto militare e rag­giunse il massimo della sua potenza nell'età delle crociate.

 
CAP. 11 L’ETA’ COMUNALE
1. Comuni medievali
Prende il nome di Comune una forma di autogoverno cittadino che si sviluppò in Europa, e soprattutto nell'Italia del nord e del centro, a partire dall'XI secolo. La na­scita dei Comuni fu favorita daLla debolezza dell'imperatore e dei re e quindi dalla necessità delle popolazioni cittadine di darsi una forma autonoma di governo. All'i­nizio i Comuni italiani erano governati da consoli eletti da un'assemblea popolare. Ma le famiglie più potenti della città lottarono fra loro per assicurarsi il predominio. Così, nella seconda metà del XII secolo molti Comuni affidarono i poteri di governo a un podestà forestiero. Nel XIII secolo, però, nuovi gruppi di cittadini, che avevano raggiunto ricchezza e prestigio ed erano chiamati "popolari", cominciarono a pre­tendere di essere ammessi alle cariche di governo. In alcune città i popolari si affer­marono e i nobili furono esclusi dalla vita politica.
2. Le città sono centri di cultura
Fin verso la metà dell'XI secolo esistevano scuole solo presso i monasteri e le catte­drali. Nelle città medievali si aprirono scuole laiche, cioè non tenute da religiosi, e nacquero le prime università. Si cominciò a scrivere in volgare oltre che in latino. In Italia il volgare toscano diventò la lingua scelta da poeti e scrittori per usi letterari. Aumentò il numero di libri in circolazione, si cercò, con scarsa fortuna, di sostituire i numeri romani con le cifre arabe, e venne inventato un nuovo modo per scrivere la musica. Chi non frequentava le scuole era messo a bottega presso un maestro che gli insegnava un mestiere. Si diffusero due nuovi stili arti­stici: il romanico (XI-XII secolo) e il gotico (XII-XIV secolo).
3.All'interno delle mura cittadine
Nelle città medievali, spesso circondate da mura, gli edifici principali erano il palazzo del vescovo, la cattedrale e il palazzo del Comune, accanto ai quali sorgevano le case signorili. Le abitazioni erano scomode, fredde, prive di ga­binetti e di acqua corrente e infestate da parassiti. Le vie erano strette e sudicie. Il tempo del giorno era scandito dal suono delle campane delle chiese: solo nel Trecento compar­vero i primi orologi meccanici. Il conto del tempo variava da un luogo all'altro ed era diverso anche fra città vicine. Nella famiglia il padre esercitava la sua autorità su moglie, figli e servi. I figli maschi andavano a scuola o a bottega, le bambine erano per lo più tenute in casa per imparare i lavori domestici. Le ragazze venivano maritate molto gio­vani, spesso con uomini molto più grandi di loro.

 
CAP. 12 LE AUTONOMIE COMUNALI E L’IMPERO

1.   Federico Barbarossa e i Comuni italiani
I   Comuni italiani facevano parte del Sacro romano impero, ma si governavano in modo autonomo. L'imperatore Federico I di Svevia, detto Barbarossa, scese in Italia per ristabilire sui Comuni la sua autorità. Nel 1162 la città di Milano, che insieme ad altre rifiutò di ubbidire, fu vinta e distrutta. Ma poi molti Comuni dell'Italia setten­trionale si unirono nella lega lombarda e affrontarono uniti l'imperatore, che venne battuto a Legnano nel 1176. Con la pace, conclusa a Costanza nel 1183, Barbaros­sa riconobbe le autonomie comunali.
2.   Federico II: lo stupore del mondo
IInipote del Barbarossa, Federico II, fu imperatore e re di Sicilia. Del suo regno ri­uscì a fare una forte monarchia e un importante centro di cultura. Organizzò una crociata e, per mezzo di accordi, ottenne dal sultano la città di Gerusalemme per la durata di dieci anni. Quando tentò di estendere la sua autorità anche all'Italia set­tentrionale, il papa e molti Comuni si opposero. I Comuni fedeli al papa furono detti guelfi, quelli che sostenevano l'imperatore ghibellini. Federico riportò qualche suc­cesso ma non riuscì a vincere del tutto la resistenza dei comuni guelfi. Alla sua morte il papa offrì la corona di Sicilia al francese Carlo d'Angiò, che nella battaglia di Bene­vento sconfisse il figlio e successore di Federico e i Comuni ghibellini.
3.   Eresie e rinnovamento nella Chiesa
Tra il XII e il XIII secolo sorsero vari movimenti religiosi, fra cui quelli dei valdesi e dei catari, che furono considerati eretici e vennero perseguitati. La Chiesa affrontò le eresie con grande fermezza: istituì il tribunale dell'Inquisizione per la ricerca e la condanna degli eretici; contro i catari fu organizzata persino una crociata. Nel XIII secolo nacquero anche gli ordini mendicanti dei domenicani e dei francescani. Sia i domenicani con la predicazione e lo studio, sia i francescani con la povertà della vita e la carità contribuirono grandemente al rinnovamento della Chiesa.

 
CAP. 13 IL TRECENTO, UN SECOLO DI CRISI E DI TRASFORMAZIONI


1. Fame, guerra e peste
Nonostante alcuni progressi, nel Medioevo l'agricoltura era ancora arretrata. Ciò fu causa di ripetute carestie che fecero molte vittime nelle campagne e nelle città. Ver­so la metà del XIV secolo si abbatté sull'Europa una violenta epidemia di peste nera che ritornò a ondate nei decenni successivi e ridusse quasi di un terzo la popola­zione europea. Alle carestie e alle epidemie si aggiunsero per tutto il secolo guerre lunghe e devastanti.
2.     Trasformazioni e rivolte
La grande epidemia di peste lasciò dietro di sé una popolazione ridotta di numero, villaggi abbandonati, terreni incolti o destinati a pascolo per le pecore. Poiché la manodopera era diventata scarsa, in certi casi i contadini ottennero migliori condi­zioni di lavoro. In Italia si diffuse il contratto di mezzadria. Per finanziare le loro guerre, re e principi chiesero denaro in prestito aLle banche, ma non sempre furono in grado di restituirlo e alcune banche fallirono, mentre altre divennero molto poten­ti. Oppure imposero alte tasse che i contadini non potevano sopportare: scoppiarono perciò rivolte contadine, sempre represse nel sangue. In alcune città si ribellarono gli strati più poveri della popolazione, per esempio i ciompi a Firenze, che volevano ottenere salari più alti e partecipare al governo.
3.     Il tramonto dei poteri universali
Impero e papato perdettero prestigio. L'imperatore Enrico VII scese in Italia per riaffermare la sua autorità, ma l'impresa fallì. Il papa Bonifacio Vili organizzò nel
1300 il primo Giubileo della cristianità e proclamò la supremazia del papato su tutti gli altri poteri terreni. Ma il re di Francia, Filippo il Bello, si rifiutò di ce­dere ai suoi ordini e lo fece arrestare. Nel 1309 la sede pontificia fu trasferita da Roma ad Avignone, dove i papi, tutti francesi, si fer­marono per circa settantanni. In questo pe riodo scoppiarono a Roma numerose rivolte: la più nota fu quella guidata da Cola di Rienzo. Il periodo avignonese si concluse nel 1377 con il ritorno a Roma di papa Gregorio XI. Alla sua morte furono eletti due papi, uno liano, a Roma, e uno francese, in la Chiesa si divise fra i sostenitori dell'uno e dell'altro papa: fu il grande scisma d'occi­dente, che ebbe fine solo nel 1417, quando la Chiesa ritrovò la sua unità.

martedì 22 settembre 2015

MAPPA LETTERATURA





LETTERATURA



DAL FEUDALESIMO ALL’ETA’ COMUNALE

·                  Gli eventi storici

Dal crollo dell'Impero romano al Sacro romano impero
La caduta dell'Impero romano d'Occidente (476 d.C.) segna convenzionalmente in tutta Europa la fine di un potere "uni­versale" in grado di governare paesi e popoli molto lontani fra loro. Sul piano politico, dà l'avvio alla formazione dei re­gni romano-barbarici, risultanti dall'unione tra la popolazio­ne romana dei territori occupati e i popoli barbarici conqui­statori. Questi regni, fragili e divisi, sono caratterizzati da una grande debolezza economica, da un declino delle attività pro­duttive e della vita delle città, dalla diminuzione della popola­zione. In questo quadro solo la Chiesa di Roma, attraverso i suoi vescovi e monaci, mantiene in vita gli elementi essenzia­li della struttura economica, sociale e culturale. Dopo una durissima guerra contro i goti, l'Italia, dal VI fino all'VIII secolo, vede l'affermarsi del dominio dei longobardi, che tentano di strappare all'Impero romano d'Oriente i territori ancora in suo possesso (Esarcato di Ravenna, Ro­ma, il meridione e le isole). Con la conquista longobarda si può dire che termi­ni in Italia il mondo antico e inizi il Medioevo.
Mentre tutta l'Europa viene evangelizzata dai missionari cristiani, che con­tribuiscono a far sopravvivere e a diffondere anche elementi culturali della tradizione classica, in Italia al dominio longobardo, a metà dell'VIII secolo, si sostituisce quello dei franchi. Il re dei franchi, Carlo Magno, nell'anno 800 si fa proclamare imperatore del Sacro romano impero, sancendo con questo gesto la rinascita dell'Impero d'Occidente.
Il feudalesimo
Con i franchi si avvia in tutta Europa quel processo di trasformazione della società e del potere che va sotto il nome prima di vassallaggio e poi di feu­dalesimo. La frantumazione del Sacro romano impero in tre parti e l'asse­gnazione definitiva dell'Italia a Lotario, nipote di Carlo Magno, a metà del IX secolo, portano all'affermazione delle signorie territoriali (contee, marche­sati, ducati) che si rendono sempre più autonome dall'autorità dei sovrani. In questo periodo l'Europa subisce da nord, est e sud un'ultima ondata di invasioni di popolazioni di diversa origine: vichinghi, saraceni e ungari.
Ottone I, duca di Sassonia, sconfitti gli ungari, prende il titolo di re di Germa­nia. Egli tenta ancora una volta di far rinascere l'impero e viene proclamato imperatore del Sacro romano impero germanico. Il coinvolgimento del cle­ro nella gestione dell'impero, attraverso la nomina dei vescovi-conti, getta le basi di un conflitto fra impero e papato che durerà secoli.
Dopo l’anno Mille
L'Europa conosce già a partire da alcuni decenni prima dell'anno Mille un nuovo processo di sviluppo, destinato a cambiare la vita delle popolazioni e l'intera società. Terminate le invasioni, il clima di maggiore sicurezza fa­vorisce l'aumento della popolazione; questo fattore ha influenza sullo svi­luppo dell'agricoltura che - anche grazie ad alcune innovazioni tecniche - conosce una vera e propria rivoluzione. Questi due fattori, aumento della popolazione e crescita della produzione agricola, si rafforzano l'un l'altro: molti, infatti, possono lasciare i campi per dedicarsi al commercio e all'ar­tigianato. Se nel mondo feudale centro della vita economica erano la terra e la proprietà agricola, ora il fulcro dell'economia si sposta nelle città che, non più minacciate dalle invasioni, cominciano a ripopolarsi, anche perché le attività mercantili e artigianali offrono possibilità di occupazione.
La società comunale
Questo sviluppo urbano, che in Italia è maggiormente diffuso al nord, por­ta a un allentamento dei vincoli feudali e alla nascita dei comuni; il rapido evolversi del commercio favorisce inoltre la formazione di una nuova clas­se sociale: accanto al clero, ai nobili e ai contadini fa la sua comparsa la borghesia (i borghesi sono le persone che abitano i borghi, le città) e si af­ferma una nuova figura, quella del mercante, che si ispira a valori nuovi (come il profitto, l'individualismo, la competizione negli affari).
Accanto alla cultura ecclesiastica ne appare una nuova, pratica, che si dif­fonde anche tra coloro che non hanno ricevuto un'istruzione religiosa. Espressione di questo risveglio culturale sono le università, che a partire dall'XI secolo fioriscono in Europa e in Italia.
La Chiesa, accanto all'organizzazione delle crociate, conosce un periodo di rinnovamento, dovuto principalmente alla nascita di nuovi ordini religiosi, i francescani e i domenicani, che tentano di riportarla alla povertà e alla semplicità delle origini. Ma, inesorabilmente, i massimi poteri del tempo, Chiesa e impero, sempre in lotta tra loro, cominciano a entrare in crisi: ne sono un segno le lotte tra guelfi e ghibellini (sostenitori rispettivamente del papa e dell'imperatore) che insanguinano l'Europa e l'Italia. In Italia, pe­raltro, alla fine del XII secolo, accanto ai comuni (nel centro-nord) e ai pos­sedimenti del papa (al centro), si afferma un nuovo potere, quello dei nor­manni (nel sud), che troveranno in Federico II di Svevia il loro massimo rappresentante.

sabato 19 settembre 2015

STORIA PER GIOVEDI'



Cap. 6 L’età dei signori e dei castelli.
1. La fine dell'impero carolingio
I successori di Carlo Magno combatterono a lungo fra loro per la divisione dell'ere­dità. Infine, con il trattato di Verdun (843), l'impero fu diviso in tre regni. Le lun­ghe lotte indebolirono i re carolingi mentre conti e vassalli si rendevano sempre più autonomi dal potere regio, si battevano fra loro e costruivano castelli con o senza l'autorizzazione del re. In questo periodo sorsero molti castelli fortificati in tut­ta Europa: essi servivano per difendersi da attacchi nemici e da incursioni di popoli invasori. Cominciò a diffondersi la tendenza a non restituire i feudi al re in caso di morte e a lasciare ai figli le cariche di conte e marchese. Con il capitolare di Quierzy (877) l'imperatore Carlo il Calvo non diede la sua approvazione a questa pratica, che rimase nell'uso comune ma fu autorizzata solo molto tempo dopo, nel 1037.

2. Lo sviluppo del potere signorile


Come i re, neppure conti, marchesi e grandi vassalli erano in grado di tenere sempre sotto controllo i propri domini. Comitati e marche si dividevano in parti più piccole che erano governate da signori locali, possessori di vaste proprietà terriere o signo­ri di castelli. Il castello era il segno della potenza del signore. Nel castello trovavano protezione anche i contadini indifesi. In cambio il signore pretendeva la loro sotto­missione, imponeva loro delle tasse ed esercitava su di loro la giustizia. Con il tempo i centri di potere signorile divennero sempre più numerosi.

3. Una società guerriera
In questo periodo di violenza il gruppo predominante era costituito dalla nobiltà guerriera, formata da duchi, conti, marchesi, signori di castelli e, dall'XI secolo, da cavalieri, guerrieri specializzati nel combattimento a cavallo. Questi, all'inizio, si comportavano più o meno come dei briganti, poi anche per intervento della Chiesa, si assunsero, oltre ai compiti guerreschi, anche doveri cristiani, come proteggere i deboli e gli indifesi. Le loro imprese furono cantate dai poeti nelle canzoni di gesta. La massa della popo­lazione era formata da contadini poveri e privi di istruzione. Secondo il vescovo Adalberone di Laon, la società del suo tempo era divisa in tre ordini, che non potevano essere modifica­ti, perché erano voluti da Dio: c'era chi prega­va (il clero), chi combatteva (la nobiltà) e chi lavorava (i contadini). La società del tempo era molto più complicata, ma il modello di Adalberone fu riproposto per secoli.




Cap. 7 Saraceni, Ungari, Normanni


1. Nuovi popoli in movimento
Fra il IX e il X secolo l'Europa occidentale fu colpita dalle incursioni di Saraceni, Un­gali e Normanni. Fra L'827 e il 902 gli Arabi, chiamati dai cristiani Saraceni, con­quistarono la Sicilia, togliendola ai Bizantini. Dalle coste africane i predoni sara­ceni partivano per imprese piratesche, facevano razzie in villaggi e città, nell'846 saccheggiarono Roma. Gli Ungari rivolsero i loro assalti contro l'impero bizantino e soprattutto contro le deboli regioni dell'occidente. Nel 955 furono però sconfitti da Ottone I, re di Germania, a Lechfeld. Dopo la sconfitta si insediarono nella regio­ne che da loro prende il nome di Ungheria, fondarono un regno e si convertirono al cristianesimo. I Normanni venivano dalla Scandinavia, possedevano navi agili con cui raggiunsero la Groenlandia e perfino l'America. A oriente penetrarono nei terri­tori delle odierne Russia e Ucraina e fondarono il principato di Kiev. In Francia un capo normanno, Rollone, ottenne dal re il titolo di duca e la regione che prenderà il nome di Normandia.

2. I regni normanni
Partendo dalla Normandia, il duca normanno Guglielmo il Conquistatore attraver­sò la Manica con una grande flotta per conquistare l'Inghilterra. Dopo la battaglia di Hastings (1066) fu incoronato re. Altri Normanni giunsero nell'Italia meridionale, divisa allora fra Longobardi e Bizantini, e, dopo aver combattuto come mercenari al servizio dei signori locali, si crearono dei domini propri. Nel 1059 Roberto d'Alta­villa giurò fedeltà al papa, dal quale ottenne il titolo di duca e il riconoscimento di tutti i territori conquistati e della Sicilia (ancora in mano musulmana). La conquista normanna dell'isola si compì fra il 1061 e il 1091. Nel 1130 Ruggero II d'Altavilla unificò tutti i territori normanni nel regno di Sicilia, dove poterono convivere paci­ficamente popoli, culture e religioni diverse.



3. In Europa occidentale rinasce l'impero
Nel Medioevo l'imperatore e il papa esercitavano un potere universale sulla cristiani­tà. Il primo ne era considerato il capo politico e il difensore; il secondo era la mas­sima autorità religiosa. Nel 951 Ottone I di Sassonia, già re di Germania, diventò anche re d'Italia. Nel 955 riuscì a sconfiggere gli Ungari a Lechfeld e nel 962 venne incoronato imperatore. Nell'Europa occidentale rinac­que così un impero (l'impero romano germanico), che si considera­va sacro e voluto da Dio come l'impero di Carlo Magno. Rispetto a quello era più piccolo, perché comprendeva solo la Germania e l'Italia centro-settentrionale e, più tardi, la Borgogna (ma non la Francia). Come protettore della Chiesa, Ottone intervenne nell'elezione del papa, stabilendo che il pontefice poteva essere eletto solo con l'approva­zione imperiale. Inoltre, come gli imperatori che l'avevano prece­duto, nominò i vescovi e affidò loro compiti di governo.


Cap. 8 La riforma della Chiesa

1.    Verso una riforma ecclesiastica
Nell'Alto Medioevo non c'era una chiara distinzione fra il potere laico e quello reli­gioso. Perciò per molto tempo non destò grande meraviglia il fatto che gli imperatori concedessero l'investitura ai vescovi, né che si comprassero e si vendessero cariche sacre, né che i preti a volte vivessero con donne. Ma nel corso dei secoli X e XI la sensibilità religiosa cambiò e da molte parti sorsero richieste di una riforma che liberasse la Chiesa dalle invadenze dei laici e la rinnovasse profondamente. A gui­da del movimento di riforma si posero i monaci di Cluny. Anche gruppi di laici, per esempio i patari di Milano, chiesero una trasformazione della Chiesa.
2.    La Chiesa e il papato
Fin dai primi secoli del cristianesimo il vescovo di Roma, come successore di san Pie­tro, godeva di grande prestigio, ma l'idea del suo primato, cioè della sua superio­re autorità sugli altri vescovi, si affermò solo nell'XI secolo. Dal 1059 l'elezione del papa fu riservata ai cardinali, con l'esclusione di tutti i laici. Intanto si estendeva il Patrimonio di San Pietro, sul quale il papa riuscì a esercitare un potere effettivo solo a partire dal XIII secolo.
Fra la Chiesa di Roma e quella di Bisanzio c'erano da secoli contrasti e incompren­sioni che nel 1054 si trasformarono in una rottura definitiva, chiamata scisma d'o­riente. I cristiani d'oriente e quelli d'occidente si riconobbero in due Chiese diverse: rispettivamente la Chiesa ortodossa e la Chiesa cattolica.




3. La lotta per le investiture
La riforma della Chiesa subì una deci si-va svolta con papa Gregorio VII: egli de­pose vescovi e preti che praticavano la simonia e non rispettavano l'obbligo del celibato, e dichiarò illegittime tutte le no­mine ecclesiastiche fatte da laici. Inoltre so­stenne la superiorità del papato sull'impero. L'imperatore Enrico IV disobbedì al papa e fu scomunicato. Poiché la scomunica scioglieva i sudditi dall'obbligo di fedeltà, Enrico dovet­te scendere in Italia per chiedere perdono al papa. Questi lo perdonò, ma il conflitto fra papato e impero (la lotta per le investiture), durò ancora a lungo e si concluse solo nel 1122 con il concor­dato di Worms. Secondo questo accordo, in Ita­lia la consacrazione dei vescovi doveva precedere l'investitura imperiale, in Germania l'ordine era inverso.