venerdì 14 dicembre 2012

INFERNO CANTO XXVI vv.85-142



INFERNO CANTO XXVI vv.85-142  IL FOLLE VOLO DI ULISSE

Dante e Virgilio giungono nell'ottavo cerchio dell'Inferno. Qui si trovano i consiglieri di frode.


 Lo maggior corno de la fiamma antica
 cominciò a crollarsi mormorando
87    pur come quella cui vento affatica;

       indi la cima qua e là menando,
       come fosse la lingua che parlasse,
90   gittò voce di fuori e disse: «Quando

 mi diparti’ da Circe, che sottrasse
 me più d'un anno là presso a Gaeta
93    prima che sì Enea la nomasse,

 né dolcezza di figlio, né la pietà
 del vecchio padre, né 'l debito amore
96    lo qual dovea Penelopè far lieta,

  vincer potero dentro a me l'ardore
  ch'i' ebbi a divenir del mondo esperto
99     e de li vizi umani e del valore;

  ma misi me per l'alto mare aperto
              sol con un legno e con quella compagna       
 102   picciola da la qual non fui diserto.

  L'un lito e l'altro vidi infin la Spagna,
  fin nel Morrocco, e l'isola d'i' Sardi,
105   e l'altre che quel mare intorno bagna.

  Io e' compagni eravam vecchi e tardi
  quando venimmo a quella foce stretta
108   dov' Ercule segnò li suoi riguardi

  acciò che l'uom più oltre non si metta;
  da la man destra mi lasciai Sibilia,    
111   da l'altra già m'avea lasciata Setta.

 "O frati", dissi, "che per cento milia
  perigli siete giunti a l'occidente,
114   a questa tanto picciola vigilia

  d'i' nostri sensi ch’è del rimanente,
  non vogliate negar l'esperienza,
117   di retro al sol, del mondo sanza gente. 

   Considerate la vostra semenza:
     f atti non foste a viver come bruti,
120 ma per seguir virtute e canoscenza"

   Li miei compagni fec' io sì aguti,
             con questa orazion picciola, al cammino,
    123 che a pena poscia li avrei ritenuti;

    e volta nostra poppa nel mattino,
    de’ remi facemmo ali al folle volo,
126  sempre acquistando dal lato mancino.

    Tutte le stelle già de l'altro polo
    vedea la notte, e ‘l nostro tanto basso,
129  che non surgea fuor del marin suolo.

     Cinque volte racceso e tante casso
     lo lume era di sotto da la luna,
132   poi che 'ntrati eravam ne l'alto passo,

                                                        quando n'apparve una montagna, bruna                                                  
     per la distanza, e parvemi alta tanto
135   quanto veduta non avea alcuna.

      Noi ci allegrammo, e tosto tornò in pianto;
 chè de la nova terra un turbo nacque,
138    e percosse del legno il primo canto.

      Tre volte il fè girar con tutte l’acque:
      a la quarta levar la poppa in suso
141    e la prora ire in giù, com’ altrui piacque,
                                           

       infin che ‘l mar fu sovra noi richiuso».

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