giovedì 3 aprile 2014

DROGHE PROIBITE E “DROGHE LEGALI”





- Combattere l'indifferenza


Due giovani, all'apparenza poco più che diciottenni, sono seduti a terra con le spalle al muro. A un certo punto uno dei due si arroto­la la manica della camicia, estrae dalla tasca un rudimentale laccio emo­statico e si appresta a compiere i gesti rituali di chi sta per bucarsi. Fa poi la sua comparsa una siringa col suo contenuto di morte che il più giovane, aiutato dall'altro, si inietta. La siringa viene poi di nuovo riem­pita, e questa volta tocca al compagno.
La scena non si svolge in una casa privata, ma nella stradina di una cittadina italiana. Sono le nove di sera, ma la via non è deserta, c'è an­cora tanta gente in giro. Qualcuno ritrae lo sguardo indignato, una coppia di giovani com­menta ciò che vede in tono ipocritamente com­prensivo, alcuni mostrano soltanto curiosità, al­tri ancora lanciano uno sguardo fugace e conti­nuano tranquillamente i loro discorsi.
Fatti del genere si verificano un po' dapper­tutto, giorno dopo giorno, e sono estremamente indicativi di come l'opinione pubblica sia ormai assuefatta a un dramma che coinvolge decine di migliaia di giovani.
Nel 2007 i morti per overdose in Italia so­no stati 589, 502 nel 2008. Ovviamente il nu­mero aumenta considerevolmente se si calco­lano tutte le morti «indirette», quelle cioè che si possono far risalire a questo invisibile killer nascosto in una siringa e protetto dall'indifferenza della gente.
Del problema droga si discute infatti con vigore, soprattutto dopo la scoperta del suo contributo alla diffusione del terribile morbo dell'Aids, ma ciascuno continua a considerarlo un problema «degli al­tri». Un po' tutti, però, ci accorgiamo della drammaticità del problema solo nel momento in cui c'interessa da vicino, perché nel buio tunnel dell'eroina è finito un con­giunto o qualcuno a cui siamo affettivamente legati.
Ma l'indifferenza, che spesso è segno di complicità, va combattuta con energia, perché quello della tossicodipendenza è un male della so­cietà di fronte al quale nessuno può sentirsi estraneo o considerare su­perfluo il proprio impegno.
- Dallo spinello al «buco»
Un errore che spesso si commette quando si parla di droga è quello di creare, soprattutto nei più giovani, dei pericolosi tabù. Spesso infatti la droga e chi ne fa uso vengono demonizzati senza che ci si preoccupi di spiegare cosa sono o quali differenze ci siano tra i vari tipi di stupefacenti, o come e perché può accadere che si resti vittima del loro fascino perverso.
Si finisce così per ammantare di mistero l'argomento, ingenerando nel giovane quello stimolo verso il proibito che finisce per renderlo più vulnerabile e soggetto al rischio droga.
Le droghe in realtà altro non sono che dei farmaci usati


impro­priamente o in dosi superiori a quelle che l'organismo umano è in gra­do di sopportare senza scompensi. Si tratta per lo più di sostanze capa­ci di modificare le condizioni psichiche dell'individuo. Quasi tutte de­terminano un iniziale stato di benessere e sono dotate di un'azione ec­citante che provoca euforia e abbandono, una visione più rosea delle cose e spesso anche capacità di applicazione e di resistenza alla fatica.
Si tratta, però, di benefici momentanei. Alla fase di benessere e di eccitazione segue infatti uno stato di cupa depressione, per vincere il quale diviene necessario assumere nuove dosi di queste sostanze. Si entra così in un circolo vizioso dal quale è sempre più difficile uscire. Infatti, quando il fisico del tossicodipendente comincia a presentare rilevanti danni a organi vitali come il fegato o il sistema nervoso, l’assunzione di sostanze stupefacenti è diventata ormai un bisogno a cui è impossibile rinunciare.
Questa fase, che dall'abitudine porta all'assuefazione e poi alla totale dipendenza dalla droga, è indicata dai medici come tossicomania. Uscirne, con l'aiuto di sanitari e operatori specializzati, è doloroso ma non impossibile. Spesso si comincia per superficialità, quasi per gioco. Lo si fa in giovane età, per mostrare al mondo di essere ormai grandi, accettando di fumare uno spinello con gli amici.
E qui possono cominciare i guai. Sebbene, infatti, sia stato scientificamente dimostrato che non necessariamente l'uso di droghe «leggere» preluda al ben più nefasto passaggio alle droghe «pesanti», è anche vero che non pochi tossicodipendenti riconoscono di aver avuto il loro primo approccio col mondo della droga fumando uno spinello.
È utile a questo punto ricordare che vengono definite «leggere, droghe che si fumano, e cioè marijuana e hashish (entrambe derivate dalla cannabis, cioè dalla canapa indiana) e «pesanti» quelle che, di solito iniettate o “sniffate”, provocano assuefazione e dipendenza, cioè eroina (derivata dalla morfi­na, a sua volta estratta dall'oppio) e cocaina (estratta dalle foglie di coca). Oggi questo tipo di classifi­cazione è stato superato dalla dif­fusione sul mercato di altre so­stanze stupefacenti di natura far­macologica, dagli effetti forse più devastanti di quelli dell'eroina e della cocaina.
Negli ultimi anni, infatti, so­no andati diffondendosi tra i più giovani potenti veicoli di morte primo tra tutti l'ecstasy. L'ec­stasy è un allucinogeno sintetico, cioè fabbricato artificialmente in laboratorio, che col tempo può portare a gravi stati depressivi e alla paranoia, perché distrugge la serotonina, uno dei mediatori chimi­ci del cervello umano. Si tratta di un incrocio tra la simpamina e l'LSD (allucinogeno sintetico che dà dipendenza psicologica) e viene venduto, soprattutto nelle discoteche, sotto forma di innocue pasticche. Tra i suoi effetti immediati, essendo un eccitante, vi è quello di annullare i freni inibitori. Il dato preoccupante è che oggi risulta essere prodotto anche in Italia e a bassi costi.
L'ecstasy, poi, ha occupato ampiamente le pagine dei quotidiani e gli spazi nei telegiornali italiani in seguito alla morte in discoteca di giovani vittime del micidiale miscuglio droga-alcol. Malgrado ciò, si è continuato a far ricorso a questa micidiale droga, tanto che il suo con­sumo è cresciuto a dismisura.
Ovviamente, questa droga sintetica non ha attecchito solo in Italia. Gli esperti dell'Onu denunciano una rivoluzione nei consumi e nei traffici planetari degli stupefacenti. Il vero pericolo non sono più sol­tanto eroina e cocaina, ma sempre di più le metamfectamine. ossia l'i­nafferrabile galassia dei derivati chimici racchiusi, impropriamente, sotto il nome di ecstasy.
Un'altra droga micidiale, schizzata nel 2008 ai vertici dello spaccio è il crack, sostanza ricavata dalla cocaina tramite un processo chimico che sempre più spesso viene effettuato dallo spacciatore. Ci sono poi le miscele. La più pericolosa è lo speedball, cocaina ed eroina iniettate insieme. È l'ultimo stadio della tossicodipendenza e spesso provoca la morte istantanea per collasso cardiaco.

- L'imbocco del tunnel. Sert comunità terapeutiche.
Le cause di questo allarmante fenomeno sociale vanno ricercate in un generalizzato disagio diffuso nel mondo giovanile. Non a caso il dramma della droga interessa soprattutto i giovani tra i 16 e i 24 anni, senza distinzione di classe sociale.
Cambiano infatti le motivazioni, ma la scelta di morte è la stessa. Se è opinione comune che i ceti benestanti possono avvicinarsi alla droga perché spinti dalla noia, altre sono le motivazioni per le classi meno abbienti. Fanno ricorso all'uso di stupefacenti anche coloro che, pur avendo i mezzi sufficienti per poter condurre un'esistenza dignitosa, vivono la frustrazione di non potersi adeguare al regime di vita che una società sfrenatamente consumistica mostra loro come necessario.
Basta sfogliare un giornale o guardare la televisione per rendersi conto di come si venga condizionati dal desiderio di possedere la moto potente, il jeans firmato o il nuovo modello di scarpe di marca. È la civiltà dell'edonismo, che privilegia il bello piuttosto che il bravo, l'atleta rispetto all'uomo normale, il ricco manager anziché il «povero» impiegato, l'apparire invece dell'essere. E non tutti ci si possono adeguare. La droga, in alcuni casi, finisce così per diventare un bene-rifugio.
Comunque, se i giovani si ritrovano oggi senza ideali divenendo anche per questo, facile preda dell'eroina, non pochi ritengono che non sia esente da colpa lo Stato, il quale sarebbe stato e sarebbe tutto­ra colpevole di non essersi adoperato per garantire a tutti una migliore qualità di vita e la certezza del futuro.
Poco o nulla si è fatto poi per garantire migliori condizioni di stu­dio e per rendere adeguata l'offerta scolastica rispetto alle esigenze del mercato del lavoro. Non si sono valorizzate le capacità dei singoli, finendo perciò col creare un vero e proprio esercito di giovani disoccu­pati alla ricerca del primo lavoro.
Inoltre, una volta esploso il dramma della tossicodipendenza, lo si è minimizzato o si è ritenuto di poterlo affrontare istituendo delle fati­scenti strutture pubbliche, i Sat (Servizi di assistenza ai tossicodipen­denti), il cui unico compito è stato per quasi venti anni quello di forni­re ai tossicodipendenti una droga sostitutiva, il metadone, che genera effetti meno tossici e minor dipendenza.
Al drogato rimanevano così i suoi problemi e le sue frustrazioni, mentre i nostri governanti speravano che il tossicodipendente, quasi mi­racolosamente, si accontentasse del metadone e si disabituasse all'eroina.
Solo nel 1990 lo Stato ha potenziato l'assistenza sanitaria e sociale dei tossicodipendenti istituendo presso le Asl un Servizio pubblico per le tossicodipendenze (Sert), cioè un centro di accoglienza e di orienta­mento per la definizione della cura più idonea. Questa si attua non so­lo con la somministrazione di metadone e di altri farmaci, ma anche sottoponendo a mirati trattamenti psicologici l'interessato, il quale, se lo richiede, può essere inviato presso una comunità terapeutica.
Relativamente al problema droga, comunque, le iniziative più ido­nee sono venute dal volontariato privato, grazie al quale sono nate le comunità terapeutiche.
Come abbiamo visto, il tossicodipendente viene «accolto» in un Sert e, su sua richiesta, può essere inviato in una comunità; qui gli viene data la possibilità di lavorare e di fare vita in comune con quanti, come lui, hanno deciso di liberarsi dalla schiavitù della droga.
Lo sforzo di coloro che operano in queste strutture è rivolto non solo a curare il fisico, minato dagli effetti degli stupefacenti, ma a risa­lire alle cause del disagio psichico e a rimuoverle, in modo da restituire al giovane la fiducia in se stesso. È previsto un periodo di permanenza nella comunità di circa tre anni. Le comunità terapeutiche italiane si sono andate moltiplicando a partire dai primi anni '70, grazie all'opera tanto di laici che di religiosi.
- I primi provvedimenti legislativi sull'uso di stupefacenti
In Italia il problema della droga ha trovato, nel tempo, soluzioni le­gislative diverse. Una prima legge del 1975 condannava gli spac­ciatori, ma non colpiva i «consumatori» trovati in possesso di una modica quantità di droga, cioè quella ritenuta sufficiente all'uso personale. Una nuova legge, il Testo Unico dell'ottobre 1990 - che ha coordinato tutte le leggi precedenti - ha introdotto una significativa novità in quanto ha considerato illecito anche il solo uso personale di droga.
Questa legge stabiliva che era considerato «spacciatore» chi veni­va trovato in possesso di droga in quantità superiore alla dose media giornaliera. I tossicodipendenti commettevano, comunque, un illecito anche se la quantità di droga in loro possesso rientrava nei limiti della dose giornaliera.
Non appena entrato in vigore, il Testo Unico ha suscitato una serie di polemiche e di opinioni contrastanti. Sotto accusa è stata messa la parte relativa alla punibilità penale dei tossicodipendenti; molti, inol­tre, hanno considerato troppo bassi i limiti della dose media giornalie­ra, in quanto facevano ritenere spacciatore anche chi andava in giro solo con qualche spinello.
Sono state queste polemiche e l'intollerabile affollamento nelle carceri, determinato da migliaia di tossicodipendenti arrestati, a provo­care il referendum tenutosi il 18 aprile 1993: la vittoria dei «sì» ha abrogato alcuni disposti della legge del 1990, abolendo il concetto di dose media giornaliera e, quindi, ogni sanzione penale per i consuma­tori. L'uso personale di stupefacenti, pertanto, è stato considerato solo un illecito amministrativo. Ovviamente sono rimaste in vigore le nor­me della legge che prevedevano pene più severe per gli spacciatori.
A sei anni dal referendum, nel febbraio del 1999 è stata varata una nuova legge che, confermando la non punibilità del consumatore, si poneva, tra l'altro, un obiettivo non poco significativo: creare una «strategia» della riabilitazione del tossicodipendente, attraverso la ri­duzione del danno, dando così una possibilità reale a chi voleva affran­carsi dalla droga.
- 2011, le dimensioni del fenomeno. La droga è sempre più «tagliata»
Dalla Relazione presentata dal Governo al Parlamento nel mese di giugno 2011 risulta una generale contrazione dei consumi delle sostanze stupefacenti. Il calo riguarda tutte le droghe, esclusa la canna­bis, il cui consumo rimane stabile.
L'inversione di tendenza sarebbe dovuta sia alle campagne di dis­suasione messe in atto dal Governo, sia alla forte crisi economica, che ha portato i consumatori, soprattutto quelli occasionali, a ricorrere all’alcol, meno costoso e più facilmente reperibile.
Il tossicologo Riccardo Gatti si è dichiarato meno ottimista, soste­nendo che la relazione fotograferebbe soprattutto le sostanze più usa­te, mentre il mercato delle droghe si starebbe allargando ad altri pro­dotti, come ketamina, Lsd, Ice, shaboo, speed.
La relazione rivela anche che la droga viaggia sempre più sul web, cioè con la commercializzazione via Internet. Sono invece aumentati i ricoveri in ospedale per uso di cocaina e di cannabinoidi. Per fortuna, i morti per droga sono diminuiti: 374 nel 2010; la causa dei decessi è stata attribuita principalmente all'eroina (154 casi) e alla cocaina (42 casi).
In ogni caso, è da rilevare che negli ultimi anni c'è stato un calo nel prezzo delle droghe, dovuto al fatto che esse vengono sempre più tagliate (tagliare una droga significa accrescere il peso e il volume di una droga mescolandola con sostanze affini più a basso costo, che quasi sempre ne aumentano la tossicità), con conseguente aumento della tossicità. L'eroina, ad esem­pio, viene spesso mescolata con il talco e con il gesso, e talvolta con la stricnina o con altre sostanze velenose.
Un giro di vite, comunque, si è avuto anche con la riforma del co­dice della strada (legge 28 luglio 2010) che, tra l'altro, stabilisce che non si potrà più conseguire la patente nel caso di condanna per posses­so di droga e che saranno svolti controlli severi per i neopatentati.
Inoltre, è da porre in rilievo l'azione di contrasto delle Forze di Po­lizia e delle Dogane, che nel 2010 ha conseguito il sequestro di 31.010 kg di sostanze stupefacenti e la denuncia, a vario titolo, di 39.053 per­sone, di cui 12.006 stranieri e 1121 minorenni.
-Il dibattito sulla legalizzazione della droga
Da tempo si discute nel nostro Paese sulla legalizzazione della ven­dita delle droghe leggere o sulla loro liberalizzazione, che prevede la libertà di commercializzarle.
Oggi in Italia siamo ancora lontani dai modelli libertari dell'Olan­da, dove è tollerato il consumo personale e, quindi, il possesso di stu­pefacenti, con un limite di cinque grammi per le droghe leggere e di un grammo per l'eroina e la cocaina. Ma le esperienze degli altri Paesi continuano a destare interesse e ad animare il dibattito anche in Italia.
Quanti si oppongono fermamente alla libera vendita delle droghe leggere ne fanno soprattutto un problema etico. Lo Stato, afferma non può accettare che si vendano col proprio consenso strumenti morte. Per sostenere la propria tesi essi fanno leva sull'aumento nuovi consumatori, specialmente giovani, che farebbe seguito ad un’eventuale liberalizzazione.
I liberisti, però, rispondono che intanto questo aumento è tutto da dimostrare. Una liberalizzazione limitata, poi, produrrebbe effetti deleteri per la criminalità. In proposito si fa rilevare non solo che le grandi organizzazioni criminali internazionali traggono i propri maggiori proventi dal traffico di stupefacenti, ma anche che la microdelinquenza viene alimentata dagli stessi tossicodipendenti, che devono procurarsi ad ogni costo i soldi per acquistare la loro dose giornaliera
I    «proibizionisti», dal canto loro, ribattono che gli esperimenti di liberalizzazione parziale in altri Paesi non sempre si sono rivelati positivi, e che l'esperienza con il fumo dimostrerebbe che la liberalizzazione incoraggi il consumo tra i giovani.
II    dibattito intanto ha assunto da vari anni la forma di un vero e proprio «scontro» politico. Fin dal 1997 si sono scontrate due tesi: quella che auspica una lenta legalizzazione delle droghe leggere, sostenuta soprattutto da autorevoli esponenti dei partiti di sinistra, e quella che è contraria a ogni tipo di legalizzazione, sostenuta da Polo di centrodestra.
Le polemiche sono diventate più animate successivamente, quando alcuni pub­blici ministeri e dirigenti delle principali procure italiane hanno sostenuto che - per combattere con successo il mercato clandestino della droga e la microdelinquenza - un passo importante può essere quello della «somministrazione controllata e gratuita dell'eroina» da parte dei Sert (la cosiddetta eroina di Stato). L'e­roina, ovviamente, dovrebbe essere somministrata ai soli tossicomani e sotto rigido controllo medico.
Queste proposte sono state accolte con grande favore da non po­chi esponenti politici e della società civile, i quali sostengono che la somministrazione controllata porterebbe alla riduzione del danno nel senso che eviterebbe non solo il rischio di overdose e il rischio Aids, ma sottrarrebbe anche il tossicodipendente al mercato nero della dro­ga e quindi alla necessità di ricorrere a qualsiasi mezzo (scippi, furti, prostituzione) per procurarsi il denaro. Ovviamente, la somministra­zione andrebbe inserita in un programma di assistenza e di reinseri­mento sociale dei tossicomani.
Ai dissenzienti, che vedono nel progetto il pericolo di ghettizzare a vita i tossicodipendenti nel loro disagio assistito, è stato opposto che si potrebbe cominciare con la sperimentazione (già offerta da alcune Re­gioni), così come è avvenuto in Svizzera, dove il programma di distri­buzione controllata di eroina ha ottenuto risultati positivi e dove un referendum ha detto sì, nel giugno del 1999, all'eroina di Stato. Oltre­tutto, anche in Germania il ministero della Sanità ha deciso, alla fine del 1998, di iniziare esperimenti di somministrazione dell'eroina nell'ambito della riduzione del danno.
- La legge Fini-Giovanardi del 2006
Nel 2003 il Governo di centrodestra non si è fatto coinvolgere nelle polemiche e ha approvato un disegno di legge che, presentato dal vicepremier Fini e dal ministro Giovanardi, ha rappresentato una vera e propria inversione di rotta e un azzeramento della politica del cen­trosinistra sulla droga.
Il provvedimento prevede l'abolizione della tradizionale distinzione tra droghe leggere e droghe pesanti, equiparando quindi la marijuana e l'hashish all'eroina e alla cocaina. Per ogni sostanza stupefacente è fissato in apposite tabelle un limite che riguarda il principio attivo della stessa. Per chi viene trovato in possesso di droghe al di sotto di questo limite so­no previste sanzioni amministrative, per chi ne possiede al di sopra scat­tano le sanzioni penali. Quindi, con la legge Fini viene punito penalmente non solo lo spacciatore ma anche chi è in possesso di droga solo per uso personale, sempreché risulti superato il limite previsto dalla tabella.
Le sanzioni amministrative vengono inasprite: il ritiro della paten­te, del porto d'armi e del permesso di soggiorno potrà durare fino a 12 mesi. Le sanzioni penali prevedono dai 6 ai 20 anni di reclusione; per i casi meno gravi scatta l'attenuante del fatto di lieve entità, per cui è prevista una pena da 1 a 6 anni.
Confermando le disposizioni esistenti, la pena detentiva può essere evitata o sospesa se il tossicodipendente si sottopone a un programma terapeutico di recupero in una Comunità; però il nuovo limite di pena che consente la sospensione è elevato da 4 a 6 anni. Inoltre, se il soggetto non intende affrontare il percorso di recupero e ha commesso un fatto di lieve entità, può comunque evitare il carcere se accetta di svolgere un lavoro di «pubblica utilità» per l'intera durata della pena detentiva.
Il disegno di legge, infine, riconosce maggiore peso alle comunità, che sono in gran parte private. Mentre attualmente sono i Sert (pubbli­ci) che certificano la tossicodipendenza e seguono il passaggio del sog­getto nelle comunità, la legge Fini prevede che queste ultime possano iniziare autonomamente un percorso di recupero, senza attendere il via libera dai Sert.
Il disegno di legge è stato accolto con veementi proteste dall'oppo­sizione e con esplicite critiche da una parte di coloro che lavorano sul campo o si interessano per vari motivi dei problemi legati alla droga.
È stato contestato che è del tutto errato equiparare chi fuma uno spinello a chi si buca per eroina, equiparare cioè sostanze che sarebbe­ro oggettivamente diverse nell'impatto deflagrante sulla salute. Come pure sarebbe fuorviante ritenere i tossicodipendenti tutti oggettiva­mente uguali; in questo modo si creerebbe una disparità di trattamen­to: se un tossicodipendente ha bisogno di una quantità di droga supe­riore a un altro e se questa quantità alla fine sconfina nell'ambito pe­nale, allora il primo finirebbe in galera e l'altro no, il che potrebbe por­tare all'incostituzionalità della norma.
Le tabelle sulla quantità, poi, sarebbero poco praticabili, perché misurare la quantità di «principio attivo» contenuta nella droga seque­strata richiede l'uso di strumenti tecnologici sofisticati, che dovrebbero essere dati in dotazione a tutte le forze di polizia.
La legge, inoltre, provocherebbe una crescita smisurata di denunce e di arresti, con conseguente aggravamento del sistema carcerario già in crisi di affollamento.
Gianfranco Fini e tutti i sostenitori della legge hanno ribattuto, tra l'altro, che essa sarebbe diretta a sconfiggere la sottovalutazione del problema droga; che non esisterebbero droghe buone e droghe cattive: che drogarsi non sarebbe un innocuo esercizio di libertà, ma un atto di rifiuto dei più elementari doveri del singolo nei confronti delle diverse comunità nelle quali vive; che si sarebbero tenuti in gran conto il recu­pero e la riabilitazione del tossicodipendente; che il Consiglio superio­re della Sanità ha preso posizione contro la cannabis, la quale non può essere considerata una droga leggera per i pesanti effetti che provo­cherebbe sulla salute di chi l'assume. Hanno anche sottolineato che la legge inasprisce le pene per gli spacciatori.
Tutte queste polemiche, la ferma opposizione del centrosinistra e alcune perplessità interne alla stessa maggioranza hanno bloccato l'i­ter parlamentare della legge. E così, proprio alla fine del 2005, il mini­stro per i Rapporti col Parlamento ha presentato uno «stralcio» del di­segno di legge, proponendo di far approvare dalla maggioranza in Par­lamento solo 22 articoli, scelti tra i più significativi tra i 106 originari. Questo «stralcio» è diventato definitivamente legge l'8 febbraio 2006.
Successivamente, contro la legge si è scagliato, per motivi opposti, finanche Andrea Muccioli della comunità San Patrignano, sostenendo che depenalizza di fatto il consumo, finendo così con il favorire lo spaccio.
Inoltre, non pochi esperti, operatori del settore e comunità, hanno sostenuto che la commissione aveva creato un pasticcio nel fissare il principio attivo degli stupefacenti, tanto che, tra l'altro, il limite di non punibilità per la cocaina era salito a 750 milligrammi, col risultato di favorirne lo spaccio. Il Governo, da parte sua, ha respinto le critiche, dichiarando che finalmente era stato fissato un confine oggettivo tra consumo e spaccio.



-Narcotraffico: una battaglia senza confini. I compiti degli Stati
Le sorti della battaglia, che quasi tutti gli Stati occidentali hanno ne­gli ultimi anni intensificato contro il traffico di droga, sono legate soprattutto alla capacità che questi avranno di collaborare tra loro, tanto in chiave preventiva che di sensibilizzazione dell'opinione pubblica.
C'è infatti da fronteggiare un fenomeno che ha decisamente as­sunto dimensioni sovranazionali, come risulta dalle indagini condotte dal Centac, un ente antidroga americano.
Il denaro «sporco» proveniente da tale attività, stimato in circa 600 miliardi di euro l'anno, viene reintrodotto nei circuiti finanziari grazie alla copertura di alcune grandi banche europee e mondiali e viene moltiplicato attraverso complesse operazioni di borsa. È un vero e proprio fiume di denaro che invade i mercati finanziari e alla cui provenienza diviene quasi impossibile risalire. È il fenomeno del cosiddet­to riciclaggio, per fronteggiare il quale da anni gli Stati stanno concordando tra loro norme di legge sempre più repressive, che tuttavia fino ad oggi non sono risultate adeguate allo scopo. Anche perché in non pochi dei Paesi produttori il business droga corrompe politici, favori­sce rivoluzioni, colpi di Stato e guerre.
Oggi le capitali della produzione di cocaina continuano ad essere in Colombia, Perù, Bolivia, mentre l'eroina viene prodotta in Afgha­nistan, Pakistan, Thailandia, Laos e in altri Paesi del Sudest asiatico: alcuni Paesi dell'Unione europea, invece, manterrebbero il primato mondiale della produzione di ecstasy.
In Colombia i narcotrafficanti agiscono addirittura allo scoperto. proclamandosi tali e operando con un proprio esercito e una propria linea politica.
Se si vorrà fare qualcosa di più che perseguire di volta in volta il pic­colo spacciatore, dovranno essere incoraggiate le iniziative di cooperazio­ne internazionale e si dovrà soprattutto perseguire l'isolamento politico ed economico di quei Governi che, più o meno dichiaratamente, fanno del commercio di sostanze stupefacenti una propria fonte di reddito.
In Italia, intanto, va rilevato come lo Stato tenti di risolvere il drammatico problema della tossicodipendenza. La sfida lanciata dal legislatore, però, potrà dirsi vinta solo a patto che si dia concreta attua­zione a quanto di buono contenuto nelle leggi in materia.
E per far ciò debbono essere accelerati i tempi per la costituzione di nuovi servizi di assistenza ai tossicodipendenti. E necessario indivi­duare con la massima trasparenza le comunità e gli operatori merite­voli del finanziamento pubblico, e bisogna adoperarsi affinché ai gio­vani pervenga una corretta informazione sull'argomento-droga e sui guasti che questa produce all'organismo. A ciò devono collaborare so­prattutto le famiglie, gli operatori scolastici e i mass media.
In ogni caso, lo Stato non può limitarsi a favorire una corretta ap­plicazione della legge. E suo preciso dovere eliminare la solitudine e la frustrazione dei quartieri-dormitorio, fornire ai giovani progetti precisi e interessi alternativi di tipo culturale, sportivo, ricreativo; soprattutto deve dare alle nuove generazioni, attraverso lo studio e il lavoro, delle prospettive per il futuro.

Le «droghe legali»
-L'alcol
Una grave minaccia alla salute è rappresentata dalle cosiddette «droghe legali». Ci riferiamo all'alcol e al fumo, che sono conside­rati tra i più importanti fattori di rischio per la salute dell'uomo e rap­presentano due delle principali cause di mortalità. Di solito vengono sottovalutati sia perché sono consentiti dalla legge, sia perché i danni provocati si affermano nel lungo periodo.
Negli ultimi anni si è registrata una crescita della vendita dei due prodotti, soprattutto tra i giovani. Alcuni studiosi sostengono che il ri­corso all'alcol e al fumo è dovuto soprattutto alle difficoltà che i giova­ni incontrano nei rapporti di relazione, alla sfiducia nel futuro, alla mancanza di punti di riferimento.
Altri affermano invece che essi, soprattutto i giovanissimi, bevono e fumano perché è un atteggiamento che suscita ammirazione: mo­strarsi fuori del bar con una bottiglia in una mano e una sigaretta nell'altra aiuta a stare nel gruppo e a non sentirsi «normali». Meccanismi psicologici sfruttati oltretutto ad arte negli spot che mostra­no una gioventù bella, spen­sierata, vincente.
C'è infine chi sottolinea che la loro diffusione è dovu­ta proprio al fatto che sono facili da procurarsi, tanto che è possibile acquistarli al su­permercato e dal tabaccaio.
Cresce dunque il consu­mo di alcol (+18,2% dal 2007 al 2010) e cresce il numero dei giovani che ne fanno uso, che bevono fuori pasto, che adottano il modello del binge drinking (dall’inglese binge = baldoria, festa rumorosa  e drink=bere; bere quantità elevata di alcol in una singola occasione). Preferita è la birra, seguita dalla triade aperitivi-superalcolici-ama­ri, mentre il vino è meno richiesto. Nel 2010, nella fascia che va dagli 11 ai 24 anni, la percentuale di chi beve fuori dei pasti è salita al 26%. L'alcol è in uso anche tra i giovanissimi: i ragazzi italiani bevono alcol per la prima volta in media a 12,2 anni, contro i 14,6 della media europea.
Eppure, esposti a un rischio maggiore sono proprio i minorenni. Secondo l'Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), bere alcolici nell'infanzia e nell'adolescenza provoca non pochi gravi danni. Vari so­no i motivi. L'alcol entra subito nel circolo sanguigno raggiungendo e danneggiando vari organi, in particolare il cervello ancora in formazio­ne. Inoltre, prima dei 16 anni, il fegato fatica a eliminare l'alcol, che continua a circolare nel sangue, rivelandosi ancora più tossico che ne­gli adulti. L'abuso di alcol (o alcolismo) provoca, comunque, effetti devastan­ti a prescindere dall'età. L'organo più esposto è il fegato che, a lungo an­dare, sviluppa una malattia, la cirrosi epatica, che quasi sempre conduce alla morte. Danni subiscono anche il sistema cardiovascolare e le capaci­tà mentali.
E stato poi sottolineato il rischio che corre chi guida dopo aver be­vuto, in quanto l'alcol riduce la capacità di prendere decisioni in tempi brevi e compromette la percezione della distanza e della profondità. In proposito, è da rilevare che nel maggio 2008 il Governo ha emanato un decreto che inasprisce di molto le sanzioni per l'automobilista ubriaco (o drogato) che causa incidenti mortali: arresto da 3 a 10 anni, revoca della patente, confisca del veicolo. Il tasso alcolemico (quantità di alcol nel sangue) tollerato è lo 0,5; oltre questo limite scatta la «guida in sta­to di ebbrezza».
È stato calcolato che in Italia i decessi associati all'alcol sono circa 20 000 all'anno e che circa il 40% degli incidenti stradali è provocato da chi beve alcol.
-2010, il nuovo codice della strada dichiara guerra agli abusi di alcol.


  Per fortuna, con la nuova riforma del codice della strada, diventata legge il 28 luglio 2010, viene dichiarata guerra all'alcol. In alcuni casi, tra l'altro, per chi guida il livello massimo di alcol nel sangue non è più 0,5 grammi per litro ma... zero assoluto. Zero alcol, ovvero lo slo­gan o bevi o guidi, riguarda chi ha preso la patente da meno di tre anni e tutti i conducenti professionisti (tassisti, camionisti, autisti di mezzi pubblici). Il principio o bevi o guidi vale anche per i ragazzini che gui­dano un motorino: se lo violano, potranno prendere la patente per la macchina non più a 18 ma a 19 anni. Ci sono poi il divieto di vendere superalcolici negli autogrill dalle 22 alle 6 e l'obbligo dei locali nottur­ni e dei ristoranti di fornire un etilometro ai clienti perché si possano sottoporre volontariamente a una prova prima di mettersi al volante. Inoltre, per il rilascio della patente sarà necessario produrre una certi­ficazione clinica da cui risulti il non abuso di sostanze alcoliche (e il non uso di sostanze stupefacenti).
Intanto, nella legge sulla sicurezza approvata nel luglio 2009, è stata inserita una norma che stabilisce multe e sanzio­ni finanche per chi guida una bicicletta in stato di ebbrezza.
È opportuno mettere in rilievo che coloro che vogliono smettere di bere possono chiedere aiuto rivolgendosi al Telefono Verde Alcol 800 632000. La chiamata è anonima e gratuita.
Negli ultimi anni è in crescita anche l'uso combinato di sostanze. Alcol, ta­bacco e psicofarmaci sono i prodotti le­gali utilizzati insieme a quelli illegali; si ritiene che nel 2008 circa 2 milioni di italiani siano ricorsi a queste associazioni di sostanze.
- Il fumo
Tra tutte le droghe, vietate o meno, la più dannosa é il fumo. L'Oms ha lanciato un allarme che suona come un ultimatum: se non si adotteranno misure rigorose, il fumo ucciderà un miliardo di persone nel XXI secolo. Secondo l'Organizzazione, l'uso del tabacco crescerà a dismisura nei Paesi in via di sviluppo, soprattutto come ef­fetto delle strategie delle multinazionali dirette a indurre al consumo giovani e donne.
Nel mondo sono circa 5,4 milioni i decessi attribuibili ogni anno al tabacco, mentre il 20% di tutte le morti sono da correlare al fumo di si­garette. Dalle statistiche rese note nel 2010, risulta che nel 2009 in Ita­lia i fumatori sono aumentati di 1800000 (+23%), raggiungendo la ci­fra totale di 11,1 milioni, di cui 5,9 milioni maschi e 5,2 milioni femmi­ne. Si stima, inoltre, che in Italia siano attribuibili al fumo di tabacco circa 80000 morti all'anno.
Intanto, è necessario segnalare che basta accendere una sigaretta e subito si ingeriscono svariate sostanze, tra cui tre sicuramente velenose per l'organismo: la nicotina, il catrame, il monossido di carbonio; a questi bisogna aggiungere gli altri «veleni» provocati dalla combustio­ne del tabacco e della cartina che l'avvolge.
Di conseguenza, numerose sono le patologie collegate al fumo di tabacco. La principale, e la più temuta, è il carcinoma polmonare, (car­cinoma = tumore maligno). Oltre che ai polmoni il fumo può provocare un tumore maligno ad altri organi, tra cui la laringe e i bronchi, ed è considerato un fattore fa­vorevole per l'insorgere di malattie a carico dei sistemi respiratorio, cardiovascola­re, cerebrale.
Secondo l'Oms coloro che iniziano a fumare in giovane età e con­tinuano a farlo regolarmente hanno il 50% di probabilità di morire a causa del tabacco.
L'assuefazione al fumo di sigaretta è assai rapida. Molti giovani fu­mano la prima sigaretta per gioco o «per provare». Ma molto spesso quella sigaretta è solo la prima di una lunga fila di pacchetti.
L'assunzione costante e prolungata di tabacco può portare al taba­gismo, cioè a uno stato di intossicazione cronica che provoca una tos­sicodipendenza vera e propria, sia psichica che fisica, caratterizzata dalla recidiva (dal lat. recidere, «ricadere»), nel senso che non è diffici­le smettere di fumare, il difficile, se non l'impossibile, è non ricomincia­re. I sintomi del tabagismo consistono in manifestazioni locali (faringi­te, laringite) dovute all'azione irritante del fumo, e nell'insorgere di fe­nomeni patologici, quali l'anoressia, l'insonnia, la perdita di memoria, l'alterazione della funzione digestiva.
Ovviamente, allo stesso modo dell'alcol, il fumo continuato provo­ca danni maggiori ai giovani e ai giovanissimi. Non pochi esperti rile­vano che l'iniziazione precoce ha effetti deleteri sull'organismo: minor rendimento fisico e intellettuale, pelle che invecchia precocemente, po­tenza sessuale ridotta nei maschi, riduzione dello sviluppo dei polmo­ni, che sono in crescita fino ai 18 anni. La causa principale è il diminui­to apporto di ossigeno nel sangue, dovuto al monossido di carbonio che si aspira con la sigaretta.
Produce danni rilevanti anche il cosiddetto fumo passivo, cioè quello inspirato involontariamente da non fumatori che si trovano nello stesso locale dove altri fumano. Esso è nocivo soprattutto per le donne incinte e per i bambini figli di genitori che fumano.
E proprio contro il fumo passivo è diretta la legge entrata in vigore in Italia il 10 gennaio 2005. Questa legge, per fortuna molto rigida tanto essere la più intransigente in Europa, vieta di fumare non solo in tutti i locali pubblici anche in quelli privati aperti al pubblico, dove non siano presenti zone separate, munite di aspiratori d'aria e recintate da muri sui 4 lati.
Entrano quindi nel divieto anche i locali usati dai professionisti, dai parrucchieri, da assicurazioni, dai centri commerciali, dai circoli privati Sono previste multe salate non solo per il fumatore trasgressore, ma anche per gli esercenti del locale pubblico (bar, ristorante, cinema, discoteca ecc.) che non fa rispettare il divieto e non denuncia il cliente; in questo caso si può arrivare an­che alla sospensione o al ritiro della licenza.
Inoltre, in alcune città ita­liane (prime fra tutte Bolzano, Napoli, Verona) è stato adottato il di­vieto di fumo nei parchi frequentati dai bambini. Infine, alla fine del 2009 è stata resa nota una proposta di legge che prevede una multa di 250 euro e il taglio di 5 punti dalla patente per chi fuma in auto.
Intanto, nel 2010 una nota azienda farmaceutica ha reso noto di star lavorando a un vaccino antifumo, diretto a stimolare il sistema im­munitario a produrre anticorpi che bloccano la nicotina, impedendole di arrivare al cervello; in questo modo la sigaretta smette di dare le sensazioni desiderate. Sono stati già avviati gli studi di fase 3, che sono quelli finali sull'uomo. I primi risultati sembrano positivi, tanto che si spera di porre in commercio il vaccino nel 2012 o 2013.
I danni provocati dal fumo e dall'alcol continuano purtroppo ad es­sere sottovalutati un po' da tutti, anche dai Governi. Qualcosa si è fatto, imponendo ad esempio di segnalare con evidenza sui pacchetti di siga­rette i gravi danni (anche la morte) provocati dal fumo. D'altra parte, la politica degli Stati di contrastare drasticamente questi comportamenti nocivi alla salute si scontra spesso con il fatto che gli Stati stessi ottengo­no benefici dalla produzione, dall'esportazione, dalla commercializzazio­ne di fumo e alcol. Né è da sottovalutare l'influenza delle potenti multi­nazionali che ricavano enormi profitti dalle due sostanze.
E, intanto, urgente emanare una legge che vieti la pubblicità anche degli alcolici. E necessario poi promuovere efficaci iniziative nazionali e internazionali riguardanti l'informazione e la prevenzione. Bisogna inoltre affrontare con decisione il problema dell'aumento del consumo dell'alcol e del fumo da parte dei giovani e far sì che l'informazione e l'educazione provengano non solo dalle famiglie, ma anche dalla scuo­la e dai mass media.