mercoledì 19 febbraio 2014

Apartheid




Il termine apartheid venne adoperato nella Repubblica Sudafricana per indicare la separazione all'interno del paese tra bianchi da una parte e neri, meticci e indiani dall'altra. A causa di questa politica, voluta dai governi sudafricani, tutta la popolazione non bianca veniva costretta a vivere in uno stato di inferiorità e soggetta a umilianti proibizioni.
La politica di segregazione razziale è stata praticata fin dalla nascita (1910) dello Stato sudafricano, con misure quali il Natives land act del 1913, che vietava agli indigeni l’acquisto di terre al di fuori delle riserve (bantustan, pari al 13% del territorio sudafricano). Il paese, che in quel tempo era dominio britannico dotato di un autogoverno, fu da subito attraversato da notevoli tensioni sociali dovute alla presenza di una minoranza bianca (il 21% della popolazione), che gestiva il potere politico ed economico, e di una maggioranza nera (oltre il 60%) pressoché priva di diritti. A neri, meticci e asiatici venne subito impedito l'accesso agli impieghi qualificati e fu posta sotto severo controllo la loro presenza nelle aree urbane. I neri furono altresì privati del diritto di voto e confinati a vivere in zone delimitate e controllate dalle forze dell'ordine.
Nel 1924 nell'Unione Sudafricana vinse le elezioni il National party e durante il suo governo, nel 1931, l'Unione ottenne la completa indipendenza dalla Gran Bretagna. Il National party poté affermare così, ufficialmente, la teoria della cosiddetta eerbaare apartheid, ovvero della "dignitosa segregazione", mettendo in atto una rigida separazione delle diverse razze. Tra il 1943 e il 1950 l'apartheid fu inasprito, mediante leggi contro i matrimoni misti e impedendo l'accesso a neri, meticci e indiani ai luoghi riservati ai bianchi: dai treni agli uffici postali, dagli ospedali alle spiagge. Con una serie di provvedimenti legislativi (a cominciare dal Population registration act del 1950, che stabiliva la sistematica classificazione razziale della popolazione) fu edificato un complesso sistema segregazionista, che a partire dal 1960 vide anche la concessione di una formale ‘autonomia’ ai bantustan. Negli anni Cinquanta emerse una forte opposizione a opera dell'African national congress (ANC), un'organizzazione politica fondata nel 1912, che si batté adoperando i metodi della disobbedienza civile e della resistenza passiva, sulla base dell'esempio di Gandhi in India. Il risultato fu però, regolarmente, l'intervento delle forze armate e la repressione nel sangue delle manifestazioni di protesta. La condanna dell'apartheid da parte del Commonwealth britannico sortì invece come effetto nel 1961 la proclamazione della Repubblica Sudafricana e la sua uscita definitiva dallo stesso Commonwealth. La linea politica del National party non mutò neppure in seguito alle sanzioni economiche decise dall'ONU nel 1962. Nello stesso anno, inoltre, venne imprigionato il leader del movimento nero Nelson Mandela. Diverse manifestazioni studentesche contro la politica segregazionista furono represse duramente e lo stesso accadde nel 1976 quando scoppiò una violenta rivolta nel ghetto di Soweto.
Condannata più volte dall’ONU, soggetta dalla metà degli anni 1980 a sanzioni economiche, la politica di apartheid suscitò una crescente opposizione (dal 1961 anche in forma di lotta armata).
La segregazione divenne più dura con la nomina a primo ministro nel 1984 di Pieter Willem Botha, il quale rifiutò ogni dialogo con l'ANC; nel 1985 proclamò lo stato d'emergenza e non esitò a ricorrere ancora una volta alla violenza per sedare nel 1986 una nuova rivolta a Soweto
L'adesione degli Stati Uniti all'embargo commerciale e l'unanime condanna da parte dell'opinione pubblica internazionale determinarono un isolamento sempre più marcato del Sudafrica. Il nuovo primo ministro Frederik de Klerk a partire dal 1989 si impegnò in una politica di caute riforme. Aprì i negoziati con l'ANC e fece legalizzare le opposizioni. Nel settembre 1990 Mandela venne liberato: la fine dell'apartheid fu sancita nel 1991 dall'abolizione delle principali leggi segregazioniste. Di conseguenza furono revocate le sanzioni economiche contro il Sudafrica da parte della comunità internazionale. A conclusione del difficile e complesso dialogo avviato nel 1990 tra F.W. de Klerk, leader della minoranza bianca, e N. Mandela, capo storico dell’African National Congress (ANC), principale forza di opposizione della Repubblica Sudafricana, si svolsero nell’aprile 1994 le prime elezioni a suffragio universale nella storia del paese che sancirono la fine dell’apartheid. Le elezioni del 1994 videro una schiacciante vittoria del partito di Mandela, il quale divenne presidente e capo del governo e guidò la Repubblica Sudafricana in una difficile fase di normalizzazione.

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