Paolo e Francesca
Inferno,
Canto V, w. 82-142
Luogo:secondo cerchio
Personaggi: Dante, Virgilio, Paolo e Francesca.
Peccatori e pena: lussuriosi; in vita si sono lasciati travolgere dalla passione amorosa e
ora, secondo la legge del contrappasso, sono travolti da una bufera incessante
Giunti nel
secondo cerchio dell'Inferno, Dante e Virgilio si imbattono nelle anime dei
lussuriosi, in balia di una bufera che li trascina e li travolge senza tregua.
Due ombre attirano l'attenzione di Dante, perché a differenza di tutte le altre
procedono l'una accanto all'altra: si tratta di Francesca da Rimini, donna
sensibile, colta e raffinata, e di suo cognato Paolo Malatesta. Sono i
protagonisti di una tragica passione. Il poeta rivolge loro la parola ma
soltanto Francesca risponde, raccontando la storia che li ha condannati a
quella terribile pena, mentre Paolo rimane in silenzio accanto a lei e piange.
Francesca era figlia di Guido da Polenta, signore di Ravenna, ed era stata data
in sposa al signore di Rimini, Gianciotto Malatesta, per motivi politici. Nella
sua nuova dimora si innamorò di Paolo, fratello più giovane e attraente del deforme
e zoppo Gianciotto; quest'ultimo sorprese però i due amanti e li uccise
entrambi.
Quali
colombe dal disio1 chiamate
con
l'ali alzate e ferme al dolce nido
vegnon
per l'aere, dal voler portate;
cotali2
uscir3 de la schiera ov' è Dido4,
a noi
venendo per l'aere maligno,
sì forte
fu l'affettuoso grido5.
«O
animal grazioso e benigno
che
visitando vai per l'aere perso 6
noi che
tignemmo il mondo di sanguigno7,
se fosse
amico il re de l'universo,
noi
pregheremmo lui della tua8 pace,
poi
c'hai pietà del nostro mal perverso.
Di quel
che udire e che parlar vi piace,
noi
udiremo e parleremo a voi,
mentre
che 'l vento, come fa, ci tace9.
Siede10
la terra dove nata fui11
su la
marina dove 'l Po discende
per aver
pace co' seguaci sui12.
Amor,
ch'al cor gentil ratto13 s'apprende,
prese costui14 de la
bella persona
che mi
fu tolta; e 'l modo15 ancor m'offende16
Amor,
ch'a nullo amato amar perdona,
mi prese
del costui piacer17 si forte,
che,
come vedi, ancor non m'abbandona.
Amor
condusse noi ad una morte:
Caina18
attende chi a vita ci spense».
Queste
parole da lor ci fuor porte19.
Quand' io
intesi quell'anime offense20,
china'
il viso e tanto il tenni basso,
fin che
'l poeta21 mi disse: «Che pense22?».
Quando
rispuosi, cominciai: «Oh lasso,
quanti
dolci pensier, quanto disio23
menò
costoro al doloroso passo!».
Poi mi
rivolsi a loro e parla' io,
e
cominciai: «Francesca, i tuoi martiri
a
lagrimar mi fanno tristo e pio.
Ma
dimmi: al tempo d'i dolci sospiri,
a che24
e come25 concedette amore
che
conosceste i dubbiosi disiri26?».
E quella
a me: «Nessun maggior dolore
che
ricordarsi del tempo felice
nella
miseria; e ciò sa 'l tuo dottore27.
Ma s'a
conoscer la prima radice28
del
nostro amor tu hai cotanto affetto29,
dirò
come colui che piange e dice.
Noi
leggiavamo un giorno per diletto
di
Lancialotto30 come amor lo strinse:
soli
eravamo e sanza alcun sospetto31.
Per più
fiate32 li occhi ci sospinse
quella
lettura, e scolorocci il viso;
ma solo
un punto33 fu quel che ci vinse.
Quando
leggemmo il disiato riso
esser
basciato da cotanto amante,
questi34,
che mai da me non fia diviso35,
la bocca
mi basciò tutto tremante.
Galeotto36 fu 'l libro e chi lo scrisse:
quel
giorno più non vi leggemmo avante37»
Mentre
che l'uno spirto questo disse,
l'altro
piangea, si che di pietade
io venni
men38 così com' io morisse;
e caddi
come corpo morto cade
PROFESSORESSA PUO METTERE ANCHE LE NOTE
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