La Shoah, il Giorno della Memoria
A CURA DI ELENA LOEWENTHAL
Perché oggi si celebra il
Giorno della Memoria?
Istituito nel 2000, il
Giorno della Memoria si celebra il 27 gennaio perché in questa data le Forze
Alleate liberarono Auschwitz dai tedeschi. Al di là di quel cancello, oltre la
scritta «Arbeit macht frei» (Il lavoro rende liberi), apparve l'inferno. E il
mondo vide allora per la prima volta da vicino quel che era successo, conobbe
lo sterminio in tutta la sua realtà. Il Giorno della Memoria non è una
mobilitazione collettiva per una solidarietà ormai inutile. È piuttosto, un
atto di riconoscimento di questa storia: come se tutti, quest'oggi, ci
affacciassimo dei cancelli di Auschwitz, a riconoscervi il male che è stato.
Che cosa è, che cosa
rappresenta Auschwitz?
Auschwitz è il nome tedesco di Oswiecin, una cittadina
situata nel sud della Polonia. Qui, a partire dalla metà del 1940, funzionò il
più grande campo di sterminio di quella sofisticata «macchina» tedesca
denominata «soluzione finale del problema ebraico». Auschwitz era una vera e
propria metropoli della morte, composta da diversi campi - come Birkenau e
Monowitz - ed estesa per chilometri. C'erano camere a gas e forni crematori, ma
anche baracche dove i prigionieri lavoravano e soffrivano prima di venire
avviati alla morte. Gli ebrei arrivavano in treni merci e, fatti scendere sulla
cosiddetta «Judenrampe» (la rampa dei giudei) subivano una immediata selezione,
che li portava quasi tutti direttamente alle «docce» (così i nazisti chiamavano
le camere a gas). Solo ad Auschwitz sono stati uccisi quasi un milione e mezzo
di ebrei.
Con il termine Shoah che cosa
si definisce?
Shoah è una parola ebraica che
significa «catastrofe», e ha sostituito il termine «olocausto» usato in
precedenza per definire lo sterminio nazista, perché con il suo richiamo al
sacrificio biblico, esso dava implicitamente un senso a questo evento e alla
morte, invece insensata e incomprensibile, di sei milioni di persone (Il termine olocausto, traduce un termine biblico
legato alla sfera dei sacrifici religiosi). La Shoah è il frutto di un
progetto d'eliminazione di massa che non ha precedenti, né paralleli: nel
gennaio del 1942 la conferenza di Wansee approva il piano di «soluzione finale»
del cosiddetto problema ebraico, che prevede l'estinzione di questo popolo
dalla faccia della terra. Lo sterminio degli ebrei non ha una motivazione
territoriale, non è determinato da ragioni espansionistiche o da una per quanto
deviata strategia politica. È deciso sulla base del fatto che il popolo ebraico
non merita di vivere. E una forma di razzismo radicale che vuole rendere il
mondo «Judenfrei» («ripulito» dagli ebrei).
Quali sono gli antecedenti?
L'odio antisemita è un motivo conduttore
del nazismo. La Germania
vara nel 1935 a
Norimberga una legislazione antiebraica che sancisce l'emarginazione. Tre anni
dopo l'Italia approva anch'essa un complesso e aberrante sistema di «difesa
della razza», rinchiudendo gli ebrei entro un rigido sistema di esclusione e
separazione dal resto del paese. Ma questa terribile storia ha dei millenari
precedenti. Prima dell'Emancipazione, ottenuta in Europa nella seconda metà
dell'Ottocento, gli ebrei erano vissuti per millenni come una minoranza appena
tollerata, non di rado perseguitata e cacciata, e sempre relegata entro i
ghetti. Tanto nel mondo cristiano quanto sotto l'Islam. Visti con diffidenza e
odio per la loro fede tenace (e, dal punto di vista della maggioranza,
sbagliata), hanno sempre rappresentato il «diverso», la presenza estranea.
Anche se da millenni vivono qui e si sentono europei.
Perché la Shoah è un evento unico?
Dopo la Shoah è stato coniato il
termine «genocidio». Purtroppo il mondo ne ha conosciuti tanti, e ancora troppi
sono in corso sulla faccia della terra. Riconoscere delle differenze non
significa stabilire delle gerarchie nel
dolore: come dice un adagio ebraico «Chi uccide una vita, uccide il mondo intero».
Ma mai, nella storia, s'è visto progettare a tavolino, con totale freddezza e
determinazione, lo sterminio di un popolo. Studiando le possibili forme di
eliminazione, le formule dei gas più letali ed «efficaci», allestendo i ghetti
nelle città occupate, costruendo i campi, studiando una complessa logistica nei
trasporti, e tanto altro. La soluzione finale non è stata solo un atto di
inaudita violenza, ma soprattutto un progetto collettivo, un sistema di morte.
Perché ricordare e commemorare?
Il Giorno della Memoria non vuole misconoscere gli altri genocidi di cui l’umanità
è stata capace, né sostenere un'assai poco ambita «superiorità» del dolore
ebraico. Non è infatti, un omaggio alle vittime, ma una presa di coscienza
collettiva del fatto che l'uomo è stato capace di questo. Non è la pietà per i
morti ad animarlo, ma la consapevolezza di quel che è accaduto. Che non deve
più accadere, ma che in un passato ancora molto vicino a noi, nella civile e
illuminata Europa, milioni di persone
hanno permesso che accadesse.
dove è il testo della signora sporcelli?
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