impropriamente o in dosi superiori a quelle che
l'organismo umano è in grado di sopportare senza scompensi. Si tratta per lo
più di sostanze capaci di modificare le condizioni psichiche dell'individuo.
Quasi tutte determinano un iniziale stato di benessere e sono dotate di
un'azione eccitante che provoca euforia e abbandono, una visione più rosea
delle cose e spesso anche capacità di applicazione e di resistenza alla fatica.
Si tratta,
però, di benefici momentanei. Alla fase di benessere e di eccitazione segue
infatti uno stato di cupa depressione, per vincere il quale diviene necessario
assumere nuove dosi di queste sostanze. Si entra così in un circolo vizioso dal
quale è sempre più difficile uscire. Infatti, quando il fisico del
tossicodipendente comincia a presentare rilevanti danni a organi vitali come il fegato
o il sistema nervoso, l’assunzione di sostanze stupefacenti è diventata ormai
un bisogno a cui è impossibile rinunciare.
Questa fase, che dall'abitudine porta
all'assuefazione e poi alla totale dipendenza dalla droga, è indicata dai medici come tossicomania. Uscirne,
con l'aiuto di sanitari e operatori specializzati, è doloroso ma non
impossibile. Spesso si comincia per superficialità, quasi per gioco. Lo si fa
in giovane età, per mostrare al mondo di essere ormai grandi, accettando di
fumare uno spinello con gli
amici.
E qui possono cominciare i guai. Sebbene, infatti, sia stato scientificamente
dimostrato che non necessariamente l'uso di droghe «leggere» preluda
al ben più nefasto passaggio alle droghe «pesanti», è anche vero che
non pochi tossicodipendenti riconoscono di aver avuto il loro primo approccio
col mondo della droga fumando uno spinello.
È utile a questo punto ricordare che vengono definite «leggere, droghe
che si fumano, e cioè marijuana e hashish (entrambe derivate dalla cannabis, cioè dalla
canapa indiana) e «pesanti» quelle che, di solito iniettate o “sniffate”,
provocano assuefazione e dipendenza, cioè eroina (derivata
dalla morfina, a sua volta estratta dall'oppio) e cocaina (estratta
dalle foglie di coca). Oggi questo tipo di classificazione
è stato superato dalla diffusione sul mercato di altre sostanze
stupefacenti di natura farmacologica, dagli effetti forse più devastanti di
quelli dell'eroina e della cocaina.
Negli ultimi anni, infatti, sono andati
diffondendosi tra i più giovani potenti veicoli di morte primo tra
tutti l'ecstasy. L'ecstasy è un allucinogeno
sintetico, cioè fabbricato artificialmente in laboratorio, che col tempo può
portare a gravi stati depressivi e alla paranoia, perché distrugge la
serotonina, uno dei mediatori chimici del cervello umano. Si tratta di un
incrocio tra la simpamina e l'LSD (allucinogeno
sintetico che dà dipendenza psicologica) e viene venduto, soprattutto nelle discoteche, sotto forma
di innocue pasticche. Tra i suoi effetti immediati, essendo un eccitante, vi è
quello di annullare i freni inibitori. Il dato preoccupante è che oggi risulta
essere prodotto anche in Italia e a bassi costi.
L'ecstasy, poi, ha
occupato ampiamente le pagine dei quotidiani e gli spazi nei telegiornali
italiani in seguito alla morte in discoteca di giovani vittime del micidiale
miscuglio droga-alcol. Malgrado ciò, si è continuato a far ricorso a
questa micidiale droga, tanto che il suo consumo è cresciuto a dismisura.
Ovviamente,
questa droga sintetica non ha attecchito solo in Italia. Gli esperti dell'Onu
denunciano una rivoluzione nei consumi e nei traffici planetari degli
stupefacenti. Il vero pericolo non sono più soltanto eroina e cocaina, ma
sempre di più le metamfectamine.
ossia l'inafferrabile
galassia dei derivati chimici racchiusi, impropriamente, sotto il nome di
ecstasy.
Un'altra droga micidiale, schizzata nel 2008 ai
vertici dello spaccio è il crack, sostanza
ricavata dalla cocaina tramite un processo chimico che sempre più spesso viene
effettuato dallo spacciatore. Ci sono poi le miscele. La più pericolosa è
lo speedball, cocaina ed eroina iniettate
insieme. È l'ultimo stadio della tossicodipendenza e spesso provoca la morte istantanea per
collasso cardiaco.
- L'imbocco del tunnel. Sert comunità
terapeutiche.
Le cause di questo allarmante fenomeno sociale
vanno ricercate in un generalizzato disagio diffuso nel mondo giovanile. Non a
caso il dramma della droga interessa soprattutto i giovani tra i 16 e i 24 anni,
senza distinzione di classe sociale.
Cambiano infatti le motivazioni, ma la scelta di
morte è la stessa. Se è opinione comune che i ceti benestanti possono
avvicinarsi alla droga perché spinti dalla noia, altre sono le motivazioni per
le classi meno abbienti. Fanno ricorso all'uso di stupefacenti anche coloro che,
pur avendo i mezzi sufficienti per poter condurre un'esistenza dignitosa,
vivono la frustrazione di non potersi adeguare al regime di vita che una
società sfrenatamente consumistica mostra loro come necessario.
Basta sfogliare un giornale o
guardare la televisione per rendersi conto di come si venga condizionati dal
desiderio di possedere la moto potente, il jeans firmato o il nuovo modello di
scarpe di marca. È la civiltà dell'edonismo, che privilegia il bello piuttosto
che il bravo, l'atleta rispetto all'uomo normale, il ricco manager anziché il
«povero» impiegato, l'apparire invece dell'essere. E non tutti ci si possono
adeguare. La droga, in alcuni casi, finisce così per diventare un bene-rifugio.
Comunque, se i giovani si
ritrovano oggi senza ideali divenendo anche per questo, facile preda
dell'eroina, non pochi ritengono che non sia esente da colpa lo Stato, il quale
sarebbe stato e sarebbe tuttora colpevole di non essersi adoperato per
garantire a tutti una migliore qualità di vita e la certezza del futuro.
Poco o nulla si è fatto poi per garantire migliori
condizioni di studio e per rendere adeguata l'offerta scolastica rispetto alle
esigenze del mercato del lavoro. Non si sono valorizzate le capacità dei
singoli, finendo perciò col creare un vero e proprio esercito di giovani
disoccupati alla ricerca del primo lavoro.
Inoltre, una volta esploso il dramma della tossicodipendenza, lo si è
minimizzato o si è ritenuto di poterlo affrontare istituendo delle fatiscenti
strutture pubbliche, i Sat (Servizi di assistenza ai tossicodipendenti), il cui
unico compito è stato per quasi venti anni quello di fornire ai
tossicodipendenti una droga sostitutiva, il metadone, che genera
effetti meno tossici e minor dipendenza.
Al drogato rimanevano così i suoi problemi e le sue frustrazioni,
mentre i nostri governanti speravano che il tossicodipendente, quasi miracolosamente,
si accontentasse del metadone e si disabituasse all'eroina.
Solo nel 1990 lo Stato ha potenziato l'assistenza
sanitaria e sociale dei tossicodipendenti istituendo presso le Asl un Servizio pubblico per le tossicodipendenze (Sert), cioè un
centro di accoglienza e di orientamento per la definizione della cura più
idonea. Questa si attua non solo con la somministrazione di metadone e di
altri farmaci, ma anche sottoponendo a mirati trattamenti psicologici
l'interessato, il quale, se lo richiede, può essere inviato presso una comunità
terapeutica.
Relativamente al problema droga, comunque, le
iniziative più idonee sono venute dal volontariato privato, grazie al quale
sono nate le comunità terapeutiche.
Come abbiamo visto, il tossicodipendente viene
«accolto» in un Sert e, su sua
richiesta, può essere inviato in una comunità; qui gli viene data la
possibilità di lavorare e di fare vita in comune con quanti, come lui, hanno
deciso di liberarsi dalla schiavitù della droga.
Lo sforzo di coloro che operano in queste strutture è rivolto non solo
a curare il fisico, minato dagli effetti degli stupefacenti, ma a risalire
alle cause del disagio psichico e a rimuoverle, in modo da restituire al
giovane la fiducia in se stesso. È previsto un periodo di permanenza nella
comunità di circa tre anni. Le comunità terapeutiche italiane si sono andate
moltiplicando a partire dai primi anni '70, grazie all'opera tanto di laici che
di religiosi.
- I primi provvedimenti legislativi sull'uso di stupefacenti
In Italia il problema della droga ha trovato, nel tempo, soluzioni legislative
diverse. Una prima legge del 1975 condannava gli spacciatori, ma non colpiva i
«consumatori» trovati in possesso di una modica quantità di droga, cioè quella ritenuta sufficiente all'uso personale. Una nuova
legge, il Testo Unico dell'ottobre 1990 - che ha coordinato tutte
le leggi precedenti - ha introdotto una significativa novità in quanto ha
considerato illecito anche il solo uso personale di
droga.
Questa
legge stabiliva che era considerato «spacciatore» chi veniva trovato in
possesso di droga in quantità superiore alla dose media giornaliera. I tossicodipendenti commettevano, comunque,
un illecito anche se la quantità di droga in loro possesso rientrava nei limiti
della dose giornaliera.
Non
appena entrato in vigore, il Testo Unico ha suscitato una serie di polemiche e
di opinioni contrastanti. Sotto accusa è stata messa la parte relativa alla
punibilità penale dei tossicodipendenti; molti, inoltre, hanno considerato
troppo bassi i limiti della dose media giornaliera, in quanto facevano
ritenere spacciatore anche chi andava in giro solo con qualche spinello.
Sono
state queste polemiche e l'intollerabile affollamento nelle carceri,
determinato da migliaia di tossicodipendenti arrestati, a provocare il
referendum tenutosi il 18 aprile 1993: la vittoria dei «sì» ha abrogato alcuni disposti della legge del 1990, abolendo il concetto
di dose media
giornaliera e, quindi,
ogni sanzione penale per i consumatori. L'uso personale di stupefacenti, pertanto,
è stato considerato solo un illecito amministrativo. Ovviamente sono rimaste in
vigore le norme della legge che prevedevano pene più severe per gli
spacciatori.
A sei
anni dal referendum, nel febbraio del 1999 è stata varata una nuova legge che,
confermando la non punibilità del consumatore, si poneva, tra l'altro, un
obiettivo non poco significativo: creare una «strategia» della riabilitazione
del tossicodipendente, attraverso la riduzione del danno, dando così una possibilità reale a chi voleva affrancarsi dalla droga.
- 2011, le dimensioni del fenomeno. La droga è sempre più
«tagliata»
Dalla Relazione
presentata dal Governo al Parlamento nel mese di giugno 2011 risulta una
generale contrazione dei consumi delle sostanze stupefacenti. Il calo riguarda
tutte le droghe, esclusa la cannabis, il cui consumo rimane stabile.
L'inversione di tendenza sarebbe dovuta sia alle
campagne di dissuasione messe in atto dal Governo, sia alla forte crisi
economica, che ha portato i consumatori, soprattutto quelli occasionali, a
ricorrere all’alcol, meno costoso e più facilmente reperibile.
Il tossicologo Riccardo Gatti si è dichiarato meno
ottimista, sostenendo che la relazione fotograferebbe soprattutto le sostanze
più usate, mentre il mercato delle droghe si starebbe allargando ad altri prodotti,
come ketamina,
Lsd, Ice, shaboo, speed.
La relazione rivela anche che la droga viaggia
sempre più sul web, cioè
con la commercializzazione via Internet. Sono invece aumentati i ricoveri in
ospedale per uso di cocaina e di cannabinoidi. Per fortuna, i morti per droga
sono diminuiti: 374 nel 2010; la causa dei decessi è stata attribuita principalmente
all'eroina (154 casi) e alla cocaina (42 casi).
In ogni caso, è da rilevare che
negli ultimi anni c'è stato un calo nel prezzo delle droghe, dovuto al fatto
che esse vengono sempre più tagliate (tagliare una droga significa accrescere il peso e il volume di
una droga mescolandola con sostanze affini più a basso costo, che quasi sempre
ne aumentano la tossicità), con
conseguente aumento della tossicità. L'eroina, ad esempio, viene spesso
mescolata con il talco e con il gesso, e talvolta con la stricnina o con altre
sostanze velenose.
Un giro di vite, comunque, si è avuto anche con la
riforma del codice della strada (legge 28 luglio 2010) che, tra l'altro,
stabilisce che non si potrà più conseguire la patente nel caso di condanna per
possesso di droga e che saranno svolti controlli severi per i neopatentati.
Inoltre, è da porre in rilievo
l'azione di contrasto delle Forze di Polizia e delle Dogane, che nel 2010 ha conseguito il
sequestro di 31.010 kg
di sostanze stupefacenti e la denuncia, a vario titolo, di 39.053 persone, di
cui 12.006 stranieri e 1121 minorenni.
-Il dibattito sulla legalizzazione della droga
Da tempo si discute nel nostro Paese sulla legalizzazione della
vendita delle droghe leggere o sulla loro liberalizzazione, che prevede la
libertà di commercializzarle.
Oggi in Italia siamo ancora
lontani dai modelli libertari dell'Olanda, dove è tollerato il consumo
personale e, quindi, il possesso di stupefacenti, con un limite di cinque
grammi per le droghe leggere e di un grammo per l'eroina e la cocaina. Ma le
esperienze degli altri Paesi continuano a destare interesse e ad animare il
dibattito anche in Italia.
Quanti si oppongono fermamente alla libera vendita
delle droghe leggere ne fanno soprattutto un problema etico. Lo Stato, afferma
non può accettare che si vendano col proprio consenso strumenti morte. Per
sostenere la propria tesi essi fanno leva sull'aumento nuovi consumatori,
specialmente giovani, che farebbe seguito ad un’eventuale liberalizzazione.
I liberisti, però, rispondono che
intanto questo aumento è tutto da dimostrare. Una liberalizzazione limitata, poi,
produrrebbe effetti deleteri per la criminalità. In proposito si fa rilevare
non solo che le grandi organizzazioni criminali internazionali traggono i
propri maggiori proventi dal traffico di stupefacenti, ma anche che la microdelinquenza
viene alimentata dagli stessi tossicodipendenti, che devono procurarsi ad
ogni costo i soldi per acquistare la loro dose giornaliera
I «proibizionisti»,
dal canto loro, ribattono che gli esperimenti di liberalizzazione parziale in
altri Paesi non sempre si sono rivelati positivi, e che l'esperienza con il fumo
dimostrerebbe che la liberalizzazione incoraggi il consumo tra i giovani.
II dibattito
intanto ha assunto da vari anni la forma di un vero e proprio «scontro»
politico. Fin dal 1997 si sono scontrate due tesi: quella che auspica una lenta
legalizzazione delle droghe leggere, sostenuta soprattutto da autorevoli
esponenti dei partiti di sinistra, e quella che è contraria a ogni tipo di
legalizzazione, sostenuta da Polo di centrodestra.
Le polemiche sono diventate più animate successivamente, quando alcuni
pubblici ministeri e dirigenti delle principali procure italiane hanno
sostenuto che - per combattere con successo il
mercato clandestino della droga e la microdelinquenza - un passo importante
può essere quello della «somministrazione controllata e gratuita dell'eroina»
da parte dei Sert (la cosiddetta eroina di
Stato). L'eroina, ovviamente, dovrebbe essere somministrata ai
soli tossicomani e sotto
rigido controllo medico.
Queste proposte sono state accolte con grande
favore da non pochi esponenti politici e della società civile, i quali
sostengono che la somministrazione controllata porterebbe
alla riduzione del danno nel senso che eviterebbe non solo il rischio di
overdose e il rischio Aids, ma sottrarrebbe anche il tossicodipendente al
mercato nero della droga e quindi alla necessità di ricorrere a qualsiasi
mezzo (scippi, furti, prostituzione) per procurarsi il denaro. Ovviamente, la
somministrazione andrebbe inserita in un programma di assistenza e di reinserimento
sociale dei tossicomani.
Ai dissenzienti, che
vedono nel progetto il pericolo di ghettizzare a vita
i tossicodipendenti nel loro disagio assistito, è stato opposto che si potrebbe cominciare con la sperimentazione (già
offerta da alcune Regioni), così come è avvenuto in Svizzera, dove il
programma di distribuzione controllata di eroina ha ottenuto risultati
positivi e dove un referendum ha detto sì, nel giugno
del 1999, all'eroina di
Stato. Oltretutto,
anche in Germania il ministero della Sanità ha deciso, alla fine del 1998, di
iniziare esperimenti di somministrazione dell'eroina nell'ambito della riduzione del danno.
- La legge
Fini-Giovanardi del 2006
Nel 2003 il Governo di
centrodestra non si è fatto coinvolgere nelle polemiche e ha approvato un
disegno di legge che, presentato dal vicepremier Fini e dal ministro
Giovanardi, ha rappresentato una vera e propria inversione di rotta e un
azzeramento della politica del centrosinistra sulla droga.
Il
provvedimento prevede l'abolizione della tradizionale distinzione tra droghe
leggere e droghe pesanti, equiparando quindi la marijuana e l'hashish
all'eroina e alla cocaina. Per ogni sostanza stupefacente è fissato in apposite
tabelle un limite che riguarda il principio attivo della stessa. Per chi viene
trovato in possesso di droghe al di sotto di questo limite sono previste
sanzioni amministrative, per chi ne possiede al di sopra scattano le sanzioni
penali. Quindi, con la legge Fini viene punito penalmente non solo lo
spacciatore ma anche chi è in possesso di droga solo per uso personale,
sempreché risulti superato il limite previsto dalla tabella.
Le sanzioni
amministrative vengono inasprite: il ritiro della patente, del porto d'armi e
del permesso di soggiorno potrà durare fino a 12 mesi. Le sanzioni penali
prevedono dai 6 ai 20 anni di reclusione; per i casi meno gravi scatta
l'attenuante del fatto di lieve entità, per cui è prevista una pena da 1 a 6 anni.
Confermando le
disposizioni esistenti, la pena detentiva può essere evitata o sospesa se il
tossicodipendente si sottopone a un programma terapeutico di recupero in una
Comunità; però il nuovo limite di pena che consente la sospensione è elevato da
4 a 6
anni. Inoltre, se il soggetto non intende affrontare il percorso di recupero e
ha commesso un fatto di lieve entità, può comunque evitare il carcere se
accetta di svolgere un lavoro di «pubblica utilità» per l'intera durata della
pena detentiva.
Il disegno di legge,
infine, riconosce maggiore peso alle comunità, che sono in gran parte private.
Mentre attualmente sono i Sert (pubblici) che certificano la tossicodipendenza
e seguono il passaggio del soggetto nelle comunità, la legge Fini prevede che
queste ultime possano iniziare autonomamente un percorso di recupero, senza
attendere il via libera dai Sert.
Il
disegno di legge è stato accolto con veementi proteste dall'opposizione e con
esplicite critiche da una parte di coloro che lavorano sul campo o si
interessano per vari motivi dei problemi legati alla droga.
È
stato contestato che è del tutto errato equiparare chi fuma uno spinello a chi
si buca per eroina, equiparare cioè sostanze che sarebbero oggettivamente
diverse nell'impatto deflagrante sulla salute. Come pure sarebbe fuorviante
ritenere i tossicodipendenti tutti oggettivamente uguali; in questo modo si
creerebbe una disparità di trattamento: se un tossicodipendente ha bisogno di
una quantità di droga superiore a un altro e se questa quantità alla fine
sconfina nell'ambito penale, allora il primo finirebbe in galera e l'altro no,
il che potrebbe portare all'incostituzionalità della norma.
Le tabelle sulla
quantità, poi, sarebbero poco praticabili, perché misurare la quantità di
«principio attivo» contenuta nella droga sequestrata richiede l'uso di
strumenti tecnologici sofisticati, che dovrebbero essere dati in dotazione a
tutte le forze di polizia.
La
legge, inoltre, provocherebbe una crescita smisurata di denunce e di arresti,
con conseguente aggravamento del sistema carcerario già in crisi di
affollamento.
Gianfranco Fini e tutti i
sostenitori della legge hanno ribattuto, tra l'altro, che essa sarebbe diretta
a sconfiggere la sottovalutazione del problema droga; che non esisterebbero
droghe buone e droghe cattive: che drogarsi non sarebbe un innocuo esercizio di
libertà, ma un atto di rifiuto dei più elementari doveri del singolo nei
confronti delle diverse comunità nelle quali vive; che si sarebbero tenuti in
gran conto il recupero e la riabilitazione del tossicodipendente; che il
Consiglio superiore della Sanità ha preso posizione contro la cannabis, la
quale non può essere considerata una droga leggera per i pesanti
effetti che provocherebbe sulla salute di chi l'assume. Hanno anche
sottolineato che la legge inasprisce le pene per gli spacciatori.
Tutte queste polemiche, la ferma opposizione del centrosinistra e
alcune perplessità interne alla stessa maggioranza hanno bloccato l'iter
parlamentare della legge. E così, proprio alla fine del 2005, il ministro per
i Rapporti col Parlamento ha presentato uno «stralcio» del disegno di legge,
proponendo di far approvare dalla maggioranza in Parlamento solo 22 articoli,
scelti tra i più significativi tra i 106 originari. Questo «stralcio» è
diventato definitivamente legge l'8 febbraio 2006.
Successivamente, contro la legge si è scagliato,
per motivi opposti, finanche Andrea Muccioli della comunità San Patrignano,
sostenendo che depenalizza di fatto il consumo, finendo così con il favorire lo
spaccio.
Inoltre, non pochi esperti, operatori del settore e
comunità, hanno sostenuto che la commissione aveva creato un pasticcio nel
fissare il principio attivo degli stupefacenti, tanto che, tra l'altro, il
limite di non punibilità per la cocaina era salito a 750 milligrammi, col
risultato di favorirne lo spaccio. Il Governo, da parte sua, ha respinto le
critiche, dichiarando che finalmente era stato fissato un confine oggettivo tra
consumo e spaccio.
-Narcotraffico:
una battaglia senza confini. I compiti degli Stati
Le sorti della battaglia, che quasi tutti gli Stati
occidentali hanno negli ultimi anni intensificato contro il traffico di droga,
sono legate soprattutto alla capacità che questi avranno di collaborare tra
loro, tanto in chiave preventiva che di sensibilizzazione dell'opinione
pubblica.
C'è infatti da fronteggiare un fenomeno che ha
decisamente assunto dimensioni sovranazionali, come risulta dalle indagini
condotte dal Centac, un ente antidroga americano.
Il denaro «sporco» proveniente da tale attività,
stimato in circa 600 miliardi di euro l'anno, viene reintrodotto nei circuiti
finanziari grazie alla copertura di alcune grandi banche europee e mondiali e
viene moltiplicato attraverso complesse operazioni di borsa. È un vero e
proprio fiume di denaro che invade i mercati finanziari e alla cui provenienza diviene quasi impossibile risalire. È il
fenomeno del cosiddetto riciclaggio, per fronteggiare il quale da anni gli Stati
stanno concordando tra loro norme di legge sempre più repressive, che tuttavia fino ad oggi non sono risultate adeguate allo scopo. Anche perché in non pochi dei Paesi produttori il business droga corrompe politici, favorisce
rivoluzioni, colpi di Stato e guerre.
Oggi le capitali della
produzione di cocaina continuano ad essere in Colombia, Perù, Bolivia, mentre
l'eroina viene prodotta in Afghanistan, Pakistan, Thailandia, Laos e in altri
Paesi del Sudest asiatico: alcuni Paesi dell'Unione europea, invece,
manterrebbero il primato mondiale della produzione di ecstasy.
In Colombia i
narcotrafficanti agiscono addirittura allo scoperto. proclamandosi tali e
operando con un proprio esercito e una propria linea politica.
Se si
vorrà fare qualcosa di più che perseguire di volta in volta il piccolo
spacciatore, dovranno essere incoraggiate le iniziative di cooperazione
internazionale e si dovrà soprattutto perseguire l'isolamento politico ed
economico di quei Governi che, più o meno dichiaratamente, fanno del commercio
di sostanze stupefacenti una propria fonte di reddito.
In Italia, intanto, va rilevato come lo Stato tenti
di risolvere il drammatico problema della tossicodipendenza. La sfida lanciata
dal legislatore, però, potrà dirsi vinta solo a patto che si dia concreta attuazione
a quanto di buono contenuto nelle leggi in materia.
E per far ciò debbono essere accelerati i tempi per
la costituzione di nuovi servizi di assistenza ai tossicodipendenti. E
necessario individuare con la massima trasparenza le comunità e gli operatori
meritevoli del finanziamento pubblico, e bisogna adoperarsi affinché ai giovani
pervenga una corretta informazione sull'argomento-droga e sui guasti che questa
produce all'organismo. A ciò devono collaborare soprattutto le famiglie, gli
operatori scolastici e i mass media.
In ogni caso, lo Stato non può limitarsi a favorire
una corretta applicazione della legge. E suo preciso dovere eliminare la
solitudine e la frustrazione dei quartieri-dormitorio, fornire ai giovani
progetti precisi e interessi alternativi di tipo culturale, sportivo,
ricreativo; soprattutto deve dare alle nuove generazioni, attraverso lo studio
e il lavoro, delle prospettive per il futuro.
Le «droghe legali»
-L'alcol
Una grave minaccia alla salute è rappresentata dalle cosiddette «droghe legali». Ci
riferiamo all'alcol e al fumo, che sono
considerati tra i più importanti fattori di rischio per la salute dell'uomo e
rappresentano due delle principali cause di mortalità. Di solito
vengono sottovalutati sia perché sono consentiti dalla legge, sia perché i
danni provocati si affermano nel lungo periodo.
Negli ultimi anni si è registrata una crescita
della vendita dei due prodotti, soprattutto tra i giovani. Alcuni studiosi
sostengono che il ricorso all'alcol e al fumo è dovuto soprattutto alle
difficoltà che i giovani incontrano nei rapporti di relazione, alla sfiducia
nel futuro, alla mancanza di punti di riferimento.
Altri affermano invece che essi, soprattutto i
giovanissimi, bevono e fumano perché è un atteggiamento che suscita
ammirazione: mostrarsi fuori del bar con una bottiglia in una mano e una
sigaretta nell'altra aiuta a stare nel gruppo e a non sentirsi «normali».
Meccanismi psicologici sfruttati oltretutto ad arte negli spot che
mostrano una gioventù bella, spensierata, vincente.
C'è infine chi sottolinea che la loro diffusione è
dovuta proprio al fatto che sono facili da procurarsi, tanto che è possibile
acquistarli al supermercato e dal tabaccaio.
Cresce dunque il consumo di alcol (+18,2% dal 2007
al 2010) e cresce il numero dei giovani che ne fanno uso, che bevono fuori
pasto, che adottano il modello del binge drinking (dall’inglese binge = baldoria, festa
rumorosa e drink=bere; bere quantità
elevata di alcol in una singola occasione). Preferita
è la birra, seguita dalla triade aperitivi-superalcolici-amari, mentre il vino
è meno richiesto. Nel 2010, nella fascia che va dagli 11 ai 24 anni, la percentuale di chi beve fuori dei pasti è
salita al 26%. L'alcol è in uso anche tra i giovanissimi: i ragazzi italiani
bevono alcol per la prima volta in media a 12,2 anni, contro i 14,6 della media
europea.
Eppure, esposti a un rischio maggiore sono proprio
i minorenni. Secondo l'Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), bere
alcolici nell'infanzia e nell'adolescenza provoca non pochi gravi danni. Vari
sono i motivi. L'alcol entra subito nel circolo sanguigno raggiungendo e
danneggiando vari organi, in particolare il cervello ancora in formazione.
Inoltre, prima dei 16 anni, il fegato fatica a eliminare l'alcol, che continua
a circolare nel sangue, rivelandosi ancora più tossico che negli adulti. L'abuso
di alcol (o alcolismo) provoca, comunque, effetti
devastanti a prescindere dall'età. L'organo più esposto è il fegato che, a
lungo andare, sviluppa una malattia, la cirrosi epatica, che quasi
sempre conduce alla morte. Danni subiscono anche il sistema cardiovascolare e
le capacità mentali.
E stato poi sottolineato il rischio che corre chi
guida dopo aver bevuto, in quanto l'alcol riduce la capacità di prendere
decisioni in tempi brevi e compromette la percezione della distanza e della
profondità. In proposito, è da rilevare che nel maggio 2008 il Governo ha
emanato un decreto che inasprisce di molto le sanzioni per l'automobilista
ubriaco (o drogato) che causa incidenti mortali: arresto da 3 a 10 anni, revoca della patente, confisca del veicolo. Il tasso alcolemico (quantità di
alcol nel sangue) tollerato è lo 0,5; oltre questo limite scatta la «guida in
stato di ebbrezza».
È
stato calcolato che in Italia i decessi associati all'alcol sono circa 20 000
all'anno e che circa il 40% degli incidenti stradali è provocato da chi beve
alcol.
-2010,
il nuovo codice della strada dichiara guerra agli abusi di alcol.