Materiale del laboratorio del martedì e poesia.
Ricordate che venerdì 8 novembre c'è il compito.
Naufragi
(Erri De Luca n. a Napoli il 20/5/1950)
Nei canali d'Otranto e Sicilia
migratori senz'ali, contadini d'Africa e d'oriente
affogano nel cavo delle onde.
Un viaggio su dieci s'impiglia sul fondo,
il pacco dei semi si sparge nel solco
scavato dall'ancora e non dall'aratro.
La terraferma d'Italia è terrachiusa.
Li lasciamo annegare per negare.
(Erri De Luca n. a Napoli il 20/5/1950)
Nei canali d'Otranto e Sicilia
migratori senz'ali, contadini d'Africa e d'oriente
affogano nel cavo delle onde.
Un viaggio su dieci s'impiglia sul fondo,
il pacco dei semi si sparge nel solco
scavato dall'ancora e non dall'aratro.
La terraferma d'Italia è terrachiusa.
Li lasciamo annegare per negare.
L'immigrazione straniera in
Italia
La legge del 1998
Il fenomeno dell'immigrazione
straniera ha ormai assunto proporzioni considerevoli in tutti i Paesi europei.
Sono decine di milioni i lavoratori stranieri presenti nel Vecchio
Continente. Le cause che hanno indirizzato questa incontenibile corrente
migratoria verso i Paesi industrializzati sono da ricercare in un sistema
economico mondiale nel quale gli squilibri tra Paesi ricchi e Paesi poveri
diventano sempre più marcati, provocando nelle aree sottosviluppate o in via
di sviluppo condizioni di vita estremamente precarie.
Povertà, crescita demografica, carestie, epidemie, denutrizione spingono
gli abitanti del Terzo Mondo all'emigrazione, che rimane l'unica speranza di
sfuggire a un destino di disperazione.
In Italia il moto migratorio proveniente dai Paesi extracomunitari e
dai Paesi dell'Est europeo si è via via accentuato. Dall'inizio degli anni '90
svariate migliaia di immigrati clandestini si sono riversati sulle coste del
Sud Italia, dando vita a vere e proprie ondate di disperati, pronti a pagare
somme esorbitanti e a sfidare il mare in tempesta per essere trasportati da
scafi o da altre malandate imbarcazioni. E molti di loro, prima di raggiungere
la «Terra promessa», sono stati travolti e inghiottiti dal mare. Il problema
degli immigrati, quindi, è diventato anche per il nostro Paese estremamente
complesso, perché riguarda centinaia di migliaia di persone che, fuggendo da
povertà, fame e guerre, cercano di inserirsi in un'attività lavorativa o comunque
di stabilirsi nel territorio italiano. Secondo stime ufficiali, nel nostro
Paese ne sono stati contati più di 5 milioni nel 2011, ma è un dato che non corrisponde
alla realtà in quanto altre centinaia
di migliaia si trovano in posizione di irregolari, con permesso di soggiorno
ormai scaduto, oppure nella condizione di clandestini, essendo sbarcati sulle
nostre coste senza visto di ingresso.
Una volta
entrati in Italia gli immigrati irregolari si dirigono in generale nelle
località dove esistono da anni comunità di extracomunitari, che spesso fungono
da veri e propri centri di smistamento di lavoro
nero. È qui che imprenditori e agricoltori di pochi scrupoli
attingono manodopera a bassissimo costo per le attività più umili e spesso stagionali;
ed è qui che la malavita recluta manovalanza da utilizzare per i propri loschi
affari.
Gli immigrati più fortunati e più qualificati riescono a farsi assumere,
soprattutto al Nord, nelle fabbriche e nelle aziende, regolarizzando così
anche la loro posizione. Per gli altri non c'è speranza; ci sono solo lavori
saltuari, sottopagati, rischiosi, senza copertura previdenziale e
assistenziale, oppure l'appuntamento con la malavita.
Buona parte degli immigrati sopporta
condizioni di vita di estremo disagio, abitando in alloggi di fortuna o
sovraffollati. Essi affrontano quotidianamente l'emarginazione tra gente che li
rifiuta considerandoli criminali o li accusa spesso di sottrarre posti di
lavoro ai cittadini italiani.
In ogni caso la loro presenza, che in un
primo tempo era stata accolta con tolleranza e addirittura con una certa
benevolenza, è diventata sempre più massiccia e ha finito col mettere a dura
prova un Paese come il nostro nel quale la disoccupazione, la penuria di
alloggi e l'insufficienza di servizi sociali sono sempre problemi attuali.
I gravi episodi di intolleranza verificatisi
in molte città italiane sono stati il sintomo inequivocabile di una crescente
tensione sociale e hanno evidenziato al tempo stesso l'esistenza nel nostro
Paese di una forma di razzismo impensabile.
Tutto ciò ha spinto lo Stato a prendere
provvedimenti per disciplinare l'ingresso di immigrati nel territorio
italiano. Le prime disposizioni, emanate nel 1990 e poi nel 1995, hanno però
riacceso aspre e laceranti polemiche, che hanno visto la contrapposizione di
due opposti schieramenti che tuttora si fronteggiano.
Da una parte si sostiene che gli immigrati
non sono in concorrenza con i lavoratori italiani in quanto quasi sempre
svolgono lavori che questi rifiutano. Si rileva inoltre che nel nostro Paese,
investito da un grave declino demografico, dove cioè il numero dei giovani
diminuisce costantemente, l'ingresso di lavoratori stranieri rappresenta una
ricchezza». Si afferma, infine, che la stragrande maggioranza degli stranieri è
costituita da persone oneste, non implicate con la delinquenza.
Dall'altra parte si replica ricordando la
gravità del problema della disoccupazione giovanile in Italia e la cronica
carenza di alloggi e di strutture sociali. Si sottolinea
anche che la nostra legislazione in proposito, frammentaria e «permissiva»,
fallisce soprattutto in materia di espulsione, tanto che la maggior parte degli
immigrati espulsi non lascia l'Italia e, per combattere la disoccupazione e il
disumano sfruttamento del proprio lavoro, si dedicherebbe alla
microcriminalità o si arruolerebbe in massa nell'esercito della criminalità
organizzata.
In ogni caso, il Governo Prodi ha
approvato il 6 marzo 1998 una legge che «disciplina l'immigrazione e la condizione
dello straniero». Tale legge si è ispirata, secondo la maggioranza governativa,
da un lato a un maggior rigore e a una maggiore certezza di regole contro i
clandestini e gli sfruttatori, dall'altro a un'apertura ragionevole verso l'immigrato
che vuole mettersi in regola.
È superfluo dire che l'emanazione
della legge ha scatenato subito la protesta dei maggiori esponenti del Polo e
della Lega Nord, i quali hanno parlato di «legge demagogica e pasticciata».
La legge Bossi-Fini
Subito dopo la formazione nel 2001, il nuovo Governo di centrodestra,
sospinto soprattutto dall'intransigenza di Bossi e di tutta la Lega Nord, ha approvato
il 30 luglio 2002 una nuova legge che contiene misure decisamente in contrasto
con le precedenti.
Innanzi
tutto è previsto che siano rilevate le impronte digitali agli immigrati che
chiedono il permesso di soggiorno, che dura due anni ed è concesso solo a chi
ha già un contratto di lavoro; per ottenere la carta di soggiorno occorre
essere in regola da sei anni (non più da cinque); viene cancellato l'istituto
dello sponsor (associazione o cittadino che garantiva per l'immigrato).
Riguardo ai ricongiungimenti, gli
extracomunitari in regola che lavorano in Italia possono richiamare il
coniuge, il figlio minore, i figli maggiorenni a carico della famiglia e anche
i genitori, sempreché abbiano compiuto 65 anni e non possano sostentarsi
altrimenti.
Diventa immediata l'espulsione di
chi è privo del permesso di soggiorno e non può essere identificato, mentre
vengono inasprite le pene nel caso di rientro in Italia di un immigrato già
espulso e quelle a carico dei datori di lavoro che fanno lavorare immigrati
privi del permesso di soggiorno o con permesso scaduto. È previsto anche
l'arresto immediato dell'immigrato che non rispetti «l'ordine del
questore di lasciare il territorio nazionale entro cinque giorni». Il
contrasto all'arrivo degli immigrati clandestini è stato affidato alla Guardia
di finanza e alla Marina militare. La legge, infine, stabilisce che potranno
essere regolarizzati sia le colf che i badanti, cioè le persone che assistono
handicappati o anziani.
Alla prima
sanatoria per colf e badanti ha fatto seguito, nel settembre del 2002, quella
riguardante gli immigrati che lavoravano «in nero», condizionata all'impegno
del datore di lavoro ad assumere il lavoratore a tempo indeterminato oppure
con contratto della durata di almeno un anno. Dopo l'emanazione della legge,
ancora più violente si sono levate le proteste di parte degli esponenti della
società civile e del centrosinistra, i quali hanno bollato la legge come
«cinica, feroce, incivile». Insoddisfatti anche non pochi imprenditori, che
hanno denunciato difficoltà e restrizioni nell'acquisizione della manodopera
extracomunitaria.
Successivamente,
la Corte Costituzionale
ha bocciato alcuni punti della legge. Il Governo è stato così costretto a
correre ai ripari inviando prima alle questure una circolare che, in
sostituzione dell'arresto, prevede il «trattenimento presso i Centri di
permanenza temporanea (Cpt)», ed emanando poi,
nell'ottobre 2004, un decreto-legge che, tra l'altro, stabilisce che siano i
giudici di pace a confermare o a respingere la richiesta di espulsione firmata
dal questore.
L'universo immigrati
Gli immigrati residenti in Italia nel 2008 risultavano 4.630.000, pari
al 7,2% della popolazione totale; gli studenti erano 628.937; i nati in Italia
nel 2008 erano 72.472; i lavoratori 2.000.000, di cui varie centinaia erano
imprenditori; il numero dei clandestini non è sicuro: secondo alcune stime erano
650.000, secondo altre superavano il milione. Con l'aumento costante delle
presenze, è risultata via via anche aumentata l'incidenza della criminalità
straniera. Intanto, sono continuati i viaggi della speranza su «carrette dei
mare» fatiscenti e inadeguate, dirette soprattutto verso le coste della
Sicilia, tanto che si sono dovuti contare ancora a centinaia i morti e «dispersi».
Sono anche continuate le critiche
e le richieste di chiusura dirette contro i Centri di permanenza temporanea.
Anche il Vaticano ha espresso la sua disapprovazione definendoli luoghi simili
a prigioni dove sono negati i diritti umani.
Nel
frattempo, il 13 giugno 2007 il Senato ha approvato una legge, la quale
prevede che diventi reato il cosiddetto caporalato, punendo -
con la reclusione da 3 a
8 anni e con la multa di 9000 euro - chiunque recluti manodopera e ne organizzi
l'attività lavorativa mediante violenza, minaccia, intimidazione o
sfruttamento, intendendo per quest'ultimo la non osservanza delle leggi sul
lavoro e delle normative sindacali.
Il 2 novembre 2007 è entrato in
esecuzione un decreto legge sulle espulsioni, varato dal Governo subito dopo un
atto criminale orrendo perpetrato a Roma ai danni di una signora, che è stata
massacrata e gettata in un fosso da un immigrato romeno. Il decreto attribuisce
ai prefetti il potere di espellere con urgenza i cittadini della Comunità europea
che risultino pericolosi per la pubblica sicurezza. Subito sono cominciate le
espulsioni e sono state demolite alcune baraccopoli ospitanti sia immigrati di
varie nazionalità, sia rom.
I «decreti sicurezza» e lo stato di emergenza. Critiche dall'Ue
Dopo la vittoria alle elezioni del centrodestra, il nuovo Governo ha
avviato nel 2008 una politica di restrizione nei riguardi degli immigrati e dei
rom. Sono stati così emanati vari decreti legge (per la «sicurezza») contenenti
norme più severe, dirette, tra l'altro, a facilitare le espulsioni degli
stranieri irregolari, a introdurre l'aggravante della clandestinità, che
prevede l'aumento di un terzo della pena, a comminare pesanti sanzioni per chi
affitta «in nero» a questi ultimi, a rendere più articolate le regole per i
permessi di soggiorno e per i ricongiungimenti familiari degli immigrati
regolari.
È stata, inoltre, affidata ai
militari la vigilanza sui Centri di accoglienza per gli immigrati al fine di
impedire i tentativi di fuga. Alla fine di luglio 2008, poi, lo stesso ministro
ha dichiarato lo stato di emergenza nazionale riguardo
all'immigrazione.
Veementi sono state le critiche dell'opposizione; tra l'altro, si è accusato
il Governo di fomentare l'allarme e di esporre gli immigrati e i rom a reazioni
razziste. Non meno aspre sono state le critiche arrivate dalla Ue. In
particolare, il Commissario per i diritti umani ha, tra l'altro, affermato che
le misure varate in Italia «violano i diritti umani e i princìpi umanitari».
A tutte le critiche ha replicato il ministro dell'Interno, sottolineando
che i militari sono utilizzati anche per fornire assistenza all'interno di
campi e che lo stato di emergenza era già in vigore da tempo in tre Regioni. Ha
anche fatto presente che i centri di accoglienza erano ormai insufficienti a
causa dell’alto numero di arrivi. È da rilevare che il IO giugno
2010 la Corte
Costituzionale ha dichiarata illegittima l'aggravante di
clandestinità prevista dalle norme sulla sicurezza approvate nel 2008.
Alla fine
di dicembre 2010, poi, è entrata in vigore la direttiva europea
sull'immigrazione, la quale, tra l'altro, prevede che allo straniero
clandestino deve essere assicurato un periodo da 7 a 30 giorni per l'allontanamento
e che l'espulsione deve essere sospesa in caso di suo ricorso giudiziario.
Queste norme, ovviamente, cozzano contro le disposizioni vigenti in Italia,
per cui ai magistrati non sarà facile scegliere la linea da seguire. In ogni
caso, già nel gennaio 2011 sono state emesse alcune sentenze che hanno recepito
la direttiva Ue.
2009, la clandestinità diventa reato
A partire da maggio 2009 il Governo, per fermare i continui sbarchi
sul nostro territorio, ha inaugurato la prassi dei respingimenti:
i barconi degli immigrati clandestini, provenienti quasi sempre dalla
Libia, sono stati fermati, in alto mare, dalle unità navali italiane e
affidati alle motovedette libiche. Contro questa pratica ha protestato l'Onu,
sostenendo che i respingimenti violano i diritti internazionali, perché in
questo modo si evita di accertare se tra gli immigrati ci sia chi, fuggendo
dalle persecuzioni, viene in Italia come rifugiato o richiedente asilo.
Il 2
luglio 2009 poi -tra le decise e reiterate proteste dell'Onu, di alti esponenti
del mondo della Chiesa e dei partiti di opposizione - il Parlamento ha
approvato una legge che ha recepito in pieno gli
inasprimenti previsti in tema di immigrazione dal cosiddetto Pacchetto
di sicurezza preparato dal Governo.
Nel mese di agosto 2009, invece, è stata varata tra il consenso
generale la sanatoria per colf e badanti.
Intanto, è da rilevare che nel periodo 1° agosto
2009-31 luglio 2010 gli sbarchi di clandestini in Italia sono nettamente
diminuiti. Sono poi, però, aumentati a partire dal 2011, in concomitanza con
le rivolte popolari esplose nei Paesi nordafricani (soprattutto Tunisia,
Egitto, Libia). Nel periodo gennaio-giugno 2011 gli immigrati sbarcati a Lampedusa
sono stati circa 42.000, mentre i morti in mare sono stati quasi 1600.
2010, le rivolte degli immigrati
Nel 2010 si sono avute delle vere e proprie rivolte da parte degli
immigrati. La più imponente è stata quella verificatasi a Rosarno, in provincia
di Reggio Calabria, dove varie centinaia di immigrati -quasi tutti africani e
senza documenti - vivevano accampati in condizioni disastrose e, vessati dalla
'ndrangheta, lavoravano in nero con una paga di 20-25 euro al giorno.
Ovviamente, nessuno si era mai preoccupato di tentare un'integrazione tra gli
extracomunitari e la popolazione italiana.
Tutto è cominciato il 7 gennaio 2010, quando due
immigrati sono stati feriti da alcuni colpi sparati da un fucile a pallini;
sembra anche che, nello stesso giorno, altri africani siano stati presi a
sprangate da sconosciuti. È così iniziata la rivolta degli immigrati, che hanno
bloccato la statale 18 e poi danneggiato una ventina di auto. La protesta si è
trasferita al centro della città, dove i rivoltosi hanno incendiato i
cassonetti dell'immondizia, capovolto auto, infranto vetrine di negozi.
La reazione dei rosarnesi non si è
fatta attendere: è cominciata la caccia al nero, è stata bruciata una baracca,
è stato assediato il municipio chiedendo con veemenza la cacciata degli
extracomunitari da Rosarno.
Desolante
il bilancio degli scontri: 53 feriti, di cui 18 poliziotti, 16 rosarnesi e 21
immigrati, 8 dei quali ricoverati in ospedale.
Nei giorni
seguenti la maggior parte degli immigrati è stata trasferita in vari Cie
(Centri di identificazione ed espulsione), mentre alle accuse di razzismo,
pervenute da più parti, i rosarnesi hanno risposto organizzando un corteo alla
cui testa campeggiava uno striscione su cui era scritto: Abbandonati
dallo Stato! Criminalizzati dai mass media! 20 anni di convivenza non sono
razzismo.
Successivamente,
il 26 aprile 2010, 9 «caporali» sono finiti in carcere e 21 agli arresti
domiciliari con l'accusa di associazione a delinquere finalizzata allo
sfruttamento degli immigrati clandestini.
Il 13
febbraio, invece, la rivolta è scoppiata in via Padova, in uno dei quartieri di
Milano più a rischio per la notevole presenza di stranieri (in maggioranza
irregolari) e per la totale assenza di un'autentica politica di integrazione.
L'uccisione di un ragazzo egiziano da parte di una banda di sudamericani ha
scatenato la protesta da parte degli amici del nordafricano, che hanno messo
il quartiere sotto assedio, ribaltato auto, infranto vetrine di negozi
latinoamericani.
Alle
rivolte violente, sempre nel 2010, si sono aggiunte quelle pacifiche. Il 10
marzo si è avuto il primo sciopero nazionale degli immigrati. Sono bastati un
tamtam su Internet, un passaparola sui social network e migliaia di immigrati
hanno manifestato pacificamente in 60 piazze italiane (spesso a braccetto con
gli italiani), sbandierando striscioni diretti a rendere «visibili gli
stranieri che lavorano in Italia», a sostenere «l'importanza della
immigrazione per la tenuta socioeconomica del Paese», a porre in risalto che
«nessun uomo è illegale». Numerose sono state le adesioni di molte
associazioni, dei sindacati, di vari partiti politici.
Un'altra
«rivolta» pacifica si è avuta, l’8 ottobre 2010, in vari paesi del
casertano e del napoletano. Migliaia di immigrati, quasi tutti irregolari, si
sono radunati nei luoghi dove i caporali li
ingaggiano con paghe giornaliere, che sono diventate più basse a causa della
crisi economica e che difficilmente superano i 15 euro. Per diverse ore gli
immigrati sono rimasti riuniti in quelle zone e hanno gridato il loro «no allo
sfruttamento» ostentando cartelli, appesi al collo, con sopra scritto «Oggi non
lavoro per meno di 50 euro».
Un tetto per gli alunni stranieri
L’8 gennaio 2010 il ministro della P.I. ha
inviato alle scuole un documento contenente indicazioni
e raccomandazioni per
l'integrazione degli alunni stranieri. Dall'anno scolastico 2010-11. in ogni classe, anche se
per gradi e con flessibilità, il numero degli alunni stranieri non potrà
superare di norma il 30%. Inoltre, per i ragazzi che hanno più difficoltà con l'italiano
sono previste «classi di inserimento» di durata limitata.
Il provvedimento è stato giustificato con il fatto che se in una classe
gli immigrati sono molti, essi tendono a comunicare solo tra loro, rendendo
difficile l'integrazione con gli alunni italiani.
Verso una società
multirazziale e multiculturale
Negli ultimi anni, ogni
Paese europeo ha tentato di risolvere in maniera autonoma il problema
dell'immigrazione ricorrendo a provvedimenti legislativi più restrittivi;
tuttavia, arginare il flusso migratorio e organizzare un controllo capillare di
tutti gli stranieri presenti sul territorio nazionale si sono rivelate imprese
molto complesse.
In Italia, intanto, non si sono raffreddate le polemiche sul tema degli
immigrati. In proposito si deve notare che pochi sembrano accorgersi che la
questione deve essere affrontata cercando soluzioni di più vasta portata.
È evidente che le condizioni di vita sempre più precarie nei loro Paesi
spingono gli extracomunitari a cercare nuovi approdi. La miseria e la fame
dalla quale essi tentano di fuggire sono tali che poi rifiutano con ogni mezzo
di tornarvi, anche quando in Italia vivono nel disagio e nello squallore.
Eppure molte potrebbero essere le iniziative di tipo politico, sociale ed
economico da intraprendere per tentare di risolvere il difficile e delicato
problema.
Innanzitutto occorre attenuare il più possibile l'enorme divario tra
nazioni ricche e nazioni povere. Non solo sentimenti di giustizia sociale ma
anche il buon senso indicano che, se non si farà qualcosa per assicurare
condizioni di vita più dignitose agli abitanti delle aree sottosviluppate,
l'ondata migratoria è destinata ad aumentare ancora e a travolgere anche le
frontiere più impenetrabili.
Una politica di vera e trasparente
cooperazione, di collaborazione economica e tecnica, senza tralasciare quella
culturale, svolta dai Governi europei e dalle organizzazioni internazionali,
può accrescere le opportunità di sviluppo dei Paesi del Sud del mondo
consentendo la creazione di posti di lavoro e il miglioramento del tenore medio
di vita.
Intanto,
nel nostro Paese occorre che Regioni e Comuni predispongano progetti tendenti
a realizzare servizi e, possibilmente, abitazioni, al fine di consentire una
convivenza meno conflittuale tra italiani e stranieri. È utile inoltre, in
questo faticoso processo di integrazione, sostenere
e incoraggiare l'opera preziosa svolta dalle associazioni del volontariato.
Né potranno rifiutarsi di svolgere
il loro ruolo decisivo la famiglia e la scuola, che sono chiamate a sviluppare
nei giovani il rispetto verso gruppi etnici diversi, educandoli a vivere con
impegno civile in una società che si prefigura sempre più multirazziale e
multiculturale.
LA LEGGE 2 LUGLIO
2009 SULLA SICUREZZA
|
·
Viene introdotto il reato di immigrazione clandestina: chiunque entra o
soggiorna clandestinamente nel territorio italiano viene punito con
un'ammenda dai 500 ai 1000 euro e con l'espulsione immediata.
·
I Cpt diventano Cie (Centri di identificazione e di
espulsione), dove la permanenza degli irregolari passa a sei mesi (prima
erano due), in modo da poter permettere il completamento delle relative
procedure.
·
I pubblici ufficiali hanno
l'obbligo di denunciare i clandestini; sono esclusi i medici e i dirigenti
scolastici.
·
Chi affitta una casa o una stanza ai clandestini è punito con
l'arresto da sei mesi a tre anni.
·
Gli immigrati dovranno pagare 200 euro per ottenere la cittadinanza e
dagli 80 ai 200 euro per il permesso di soggiorno.
·
È prevista la formazione di associazioni di cittadini per pattugliare
il territorio e segnalare alle forze dell'ordine situazioni di disagio
sociale o di pericolo (le cosiddette ronde).
|
_
IL PERMESSO DI SOGGIORNO A PUNTI
Nel 2010 il Consiglio dei ministri
ha approvato l'accordo di integrazione per i nuovi immigrati,
battezzato da molti permesso di soggiorno a punti. È una
sorta di schema cosiddetto a «crediti», simile a quello del sistema
scolastico. L'immigrato che entra regolarmente in Italia per la prima volta
avrà già a disposizione un minimo di punti base (16) e nell'arco dei due anni
successivi dovrà realizzare altri crediti fino ad arrivare a 30 punti. Se non
ci riesce, anche dopo un terzo anno concessogli a titolo di recupero, sarà
espatriato dal territorio. Si acquisiscono crediti con la conoscenza della
lingua italiana, con quella della cultura civica e della vita civile
italiana, con l'adempimento dell'obbligo dell'istruzione per i figli minori.
All'immigrato, al contrario, vengono sottratti punti se subisce condanne o
commette illeciti amministrativi o tributari.