Il termine apartheid
venne adoperato nella Repubblica Sudafricana per indicare la separazione
all'interno del paese tra bianchi da una parte e neri, meticci e indiani
dall'altra. A causa di questa politica, voluta dai governi sudafricani, tutta la
popolazione non bianca veniva costretta a vivere in uno stato di inferiorità e
soggetta a umilianti proibizioni.
La politica di
segregazione razziale è stata praticata fin dalla nascita (1910) dello Stato
sudafricano, con misure quali il Natives land act
del 1913, che vietava agli indigeni l’acquisto di terre al di fuori delle
riserve (bantustan,
pari al 13% del territorio sudafricano). Il paese, che in quel tempo era dominio
britannico dotato di un autogoverno, fu da subito attraversato da notevoli
tensioni sociali dovute alla presenza di una minoranza bianca (il 21% della
popolazione), che gestiva il potere politico ed economico, e di una maggioranza
nera (oltre il 60%) pressoché priva di diritti. A neri, meticci e asiatici
venne subito impedito l'accesso agli impieghi qualificati e fu posta sotto
severo controllo la loro presenza nelle aree urbane. I neri furono altresì
privati del diritto di voto e confinati a vivere in zone delimitate e controllate
dalle forze dell'ordine.
Nel 1924
nell'Unione Sudafricana vinse le elezioni il National party e durante il suo
governo, nel 1931, l'Unione
ottenne la completa indipendenza dalla Gran Bretagna. Il National party poté
affermare così, ufficialmente, la teoria della cosiddetta eerbaare
apartheid, ovvero della "dignitosa segregazione", mettendo in
atto una rigida separazione delle diverse razze. Tra il 1943 e il 1950 l'apartheid fu
inasprito, mediante leggi contro i matrimoni misti e impedendo l'accesso a
neri, meticci e indiani ai luoghi riservati ai bianchi: dai treni agli uffici
postali, dagli ospedali alle spiagge. Con una serie di provvedimenti
legislativi (a cominciare dal Population registration
act del 1950, che stabiliva la sistematica classificazione razziale
della popolazione) fu edificato un complesso sistema segregazionista, che a
partire dal 1960 vide anche la concessione di una formale ‘autonomia’ ai
bantustan. Negli anni Cinquanta emerse una forte opposizione a opera
dell'African national congress (ANC), un'organizzazione politica fondata nel
1912, che si batté adoperando i metodi della disobbedienza civile e della
resistenza passiva, sulla base dell'esempio di Gandhi
in India. Il risultato fu però, regolarmente, l'intervento delle forze armate e
la repressione nel sangue delle manifestazioni di protesta. La condanna
dell'apartheid da parte del Commonwealth britannico sortì invece come effetto
nel 1961 la proclamazione della Repubblica Sudafricana e la sua uscita
definitiva dallo stesso Commonwealth. La linea politica del National party non
mutò neppure in seguito alle sanzioni economiche decise dall'ONU nel 1962.
Nello stesso anno, inoltre, venne imprigionato il leader del movimento nero
Nelson Mandela. Diverse manifestazioni studentesche contro la politica
segregazionista furono represse duramente e lo stesso accadde nel 1976 quando
scoppiò una violenta rivolta nel ghetto di Soweto.
Condannata più
volte dall’ONU, soggetta dalla metà degli anni 1980 a sanzioni economiche,
la politica di apartheid suscitò una crescente opposizione (dal 1961 anche in
forma di lotta armata).
La segregazione
divenne più dura con la nomina a primo ministro nel 1984 di Pieter Willem
Botha, il quale rifiutò ogni dialogo con l'ANC; nel 1985 proclamò lo stato
d'emergenza e non esitò a ricorrere ancora una volta alla violenza per sedare
nel 1986 una nuova rivolta a Soweto
L'adesione degli
Stati Uniti all'embargo commerciale e l'unanime condanna da parte dell'opinione
pubblica internazionale determinarono un isolamento sempre più marcato del
Sudafrica. Il nuovo primo ministro Frederik de Klerk a partire dal 1989 si
impegnò in una politica di caute riforme. Aprì i negoziati con l'ANC e fece
legalizzare le opposizioni. Nel settembre 1990 Mandela venne liberato: la fine
dell'apartheid fu sancita nel 1991 dall'abolizione delle principali leggi
segregazioniste. Di conseguenza furono revocate le sanzioni economiche contro
il Sudafrica da parte della comunità internazionale. A conclusione del
difficile e complesso dialogo avviato nel 1990 tra F.W. de Klerk, leader della minoranza bianca, e N. Mandela, capo storico dell’African National Congress
(ANC), principale forza di opposizione della Repubblica Sudafricana, si
svolsero nell’aprile 1994 le prime elezioni a suffragio universale nella storia
del paese che sancirono la fine dell’apartheid. Le elezioni del 1994 videro una
schiacciante vittoria del partito di Mandela, il quale divenne presidente e
capo del governo e guidò la Repubblica Sudafricana in una difficile fase di
normalizzazione.